domenica 14 giugno 2015

La Stampa 14.6.15
I profughi respinti dalla Francia rifugiati sugli scogli a Ventimiglia
Stretti tra la polizia francese e quella italiana: sciopero della fame


Da una parte i blindati della gendarmeria francese, schierati sul confine, in linea con il cartello che indica la frontiera di Ponte San Ludovico. Dall’altra poliziotti e i carabinieri con gli scudi in mano, immobili dopo una giornata di tensione. Cala il sole e finisce così, con la scena di un assedio. Ottanta migranti sugli scogli, pronti a tuffarsi in mare se qualcuno fa un passo verso di loro. Urlano: «Non possiamo tornare indietro, di qui non ce ne andiamo».
Cercheranno di prenderli per stanchezza, impossibile l recuperarli uno per uno. Arriva il buio e sono ancora lì, ma la via per la Francia è bloccata. Arriva il sindaco di Mentone Jean Luc Guibal e non ha mezze parole: «La frontiera resterà chiusa, devono rassegnarsi, non passeranno mai».
La giornata in cui la crisi esplode va in scena sulla litoranea, la strada a mare che da Ventimiglia sbuca proprio a un passo dalla cittadina francese, all’altezza dei Balzi Rossi. Una crisi annunciata: nei giorni scorsi la Francia ha bloccato quasi millecinquecento immigrati che avevano oltrepassato il confine e mille li ha rispediti indietro, senza tanti complimenti. Ogni regola, ogni accordo tra i due Paesi è saltato.
Nikwey, ghanese, mostra il biglietto del treno. Era già arrivato a Nizza, in stazione l’ha acquistato per 170 euro. E’ partito per Parigi. Nulla da fare: «Il Tgv è stato bloccato in campagna, ci hanno identificati e fatti scendere, poi ci hanno fatto entrare tutti sui cellulari della polizia». Con lui una decina di altri profughi. Da quel momento il viaggio della speranza è andato a ritroso: «Ci hanno portato al confine e poi ci hanno rispediti indietro. Urlavano: Italia, Italia». Enrico Ioculano,il giovane sindaco Pd che ha strappato la cittadina a un dominio del centrodestra che sembrava intangibile, ha un diavolo per capello: «Questo è un caso diplomatico, non si respinge la gente così».
A un passo da Mentone ci sono gli stranieri rispediti indietro, spesso senza neppure la prova che arrivassero davvero dall’Italia. Poi ci sono quelli che sono scappati dai centri di accoglienza in Liguria. A decine hanno occupato la stazione ferroviaria, dove i volontari li assistono e portano da bere e da mangiare. Ma la gran parte si è diretta verso Ponte San Ludovico. Gli immigrati arrivano dal Ghana, dal Sudan, dall’Eritrea, dalla Somalia, dall’Egitto, dalla Siria, dalla Libia. Una cinquantina si contrappone ai gendarmi, tendendo improvvisati striscioni e scandendo slogan. «We are not animals», non siamo animali. «We are human beings», siamo esseri umani.
Alle cinque e mezza dai blindati scendono poliziotti e carabinieri, impugnano gli scudi di plastica. L’ordine arriva da Roma, dal ministero dell’Interno: il piazzale va sgomberato. Gli agenti si frappongono esattamente in mezzo tra i profughi e i gendarmi. Iniziano a spingere con gli scudi. C’è chi prova a resistere, molti altri fuggono verso il mare, qualcuno si getta in acqua per poi far ritorno sugli scogli. Altri quaranta immigrati vengono sospinti dal battaglione mobile verso il tunnel verso Ventimiglia. Dall’altra parte un pullman ne accoglierà una quarantina, nuovamente diretti verso i centri di accoglienza. Altri però si disperdono. Quando ormai fa sera li incontri dovunque. Sulla strada che porta all’altra ex dogana tra i due Paesi, quella più in alto di Ponte San Luigi. Oppure li vedi camminare in colonna nelle galleria. Oppure spuntano dagli anfratti dove sono riusciti a rifugiarsi, per riprendere il cammino. Per dove non si sa: sono stanchi, confusi, smarriti. L’Aurelia è sbarrata. Da Ventimiglia, la Francia non si può più raggiungere da qui. Anche in autostrada è ricomparsa una frontiera e Schengen non esiste più.