La Stampa 14.6.15
Dai Baltici al blocco dell’Est. Ecco chi non vuole i profughi
Quasi la metà degli Stati rifiuta il sistema di redistribuzione
di M. Zat.
La sintesi della presidenza lettone è che «alcuni Stati hanno espresso pareri divergenti sulla natura obbligatoria della condivisione degli oneri». Venerdì erano una dozzina esatta, dodici governi contrari alla redistribuzione di emergenza di quarantamila migranti che hanno diritto alla protezione internazionale, i potenziali asilanti e rifugiati, su base non volontaria. Lo scatto di solidarietà chiesto dalla Commissione alle capitali dell’Unione ha spaccato l’Europa, che ora deve trovare un accomodamento entro il vertice del 25 giugno, per riaffermare i suoi valori e proteggersi dall’offensiva populista ed euroscettica che non attende altro che una smagliatura per attaccare la bandiera a dodici stelle. Una soluzione che salvi integralmente il principio della riallocazione senza imporlo.
Dodici giorni
Ci sono dodici giorni per negoziare. La Germania vuole le «quote» perché ritiene che questo sia il modo per cominciare a ripartire davvero il grave compito di ricevere chi fugge dalle guerre e non può essere rimandato a casa senza correre il rischio di essere ammazzato. Berlino è in testa alla lista dei paesi accoglienti e vorrebbe che tutti facessero la propria parte. Se frena appena è per dare un mano all’alleato Hollande, solidale perché socialista, ma assediato da conservatori e destra. I due partner vogliono andare avanti, ma con cautela. Aiuteranno l’Italia, alla fine, a trovare la giusta formula. «Ci sono contatti, si sta uscendo dalla contrapposizione» - diceva ieri una fonte diplomatica.
I malumori della Spagna
Non ditelo ai baltici. E nemmeno a quelli dell’Est, dunque a polacchi, ungheresi, slovacchi, cechi e così via, una pattuglia folta rafforzata da Spagna e Portogallo, due delegazioni che, alla fine, potrebbero ripensarci. Sono quasi la metà dei venticinque interessanti, totale a cui si arriva togliendo danesi, britannici e irlandesi che, per statuto, non partecipano alle politiche migratorie (hanno «opt out»). Potrebbe essere una minoranza di blocco qualora si procedesse con un voto che nessuno vuole.
Il fronte che sostiene l’obbligatorietà è formato da dieci paesi, fra i quali Francia, Germania, Belgio, Svezia, Austria, Malata, Olanda e Cipro hanno però dubbi sui criteri di ripartizione, ostacolo non insormontabile. Italia e Grecia sono favorevoli senza condizioni. Ovviamente. Dovranno vedersela coi sei convinti che non si faccia abbastanza per i rimpatri (francesi, tedeschi, olandesi, cechi, ungheresi, spagnoli). È inevitabile. Ma la mediazione potrebbe venire qui, da un patto politico costruito su maggiori impegni ai confini con più generosità nell’accogliere i disperati. Magari «l’accettazione volontaria del piano obbligatorio» così che non si crei un precedente. Strano, ma si andrebbe avanti. E si salverebbero vite.