sabato 20 giugno 2015

Il Sole 20.6.15
«In malafede chi nega la presenza della mafia»
Direzione distrettuale antimafia
Il sostituto Prestipino ricorda che «sin dagli anni ’70 la Banda della Magliana teneva rapporti con Cosa nostra»
di I.Cimm.


«La mafia a Roma non l’abbiamo scoperta oggi. Chi cerca di minimizzare Mafia Capitale è in malafede per convenienza: tutto questo è inaccettabile».
È incisivo Michele Prestipino, procuratore aggiunto capitolino con delega alla Direzione distrettuale antimafia, intervenuto a Trame.5, il festival dei libri sulle mafie a Lamezia Terme. Non un riferimento alle indagini e al livello più delicato degli accertamenti: quello di natura politica, che ha gettato un’ombra circa una presunta infiltrazione mafiosa nella politica e negli uffici amministrativi di Roma Capitale, come dimostrato dalla vasta inchiesta coordinata dal procuratore capo Giuseppe Pignatone. «Certo - ha aggiunto Prestipino - Roma non è Reggio Calabria né Palermo, ma paradossalmente è più semplice prendere le distanze dalla mafia e dai mafiosi in Calabria e in Sicilia, dove di mafia si parla da decenni, piuttosto che ai Parioli. Capisco che è difficile accettare di convivere con la mafia sullo stesso pianerottolo, ma chi a Roma fa finta di non capire è in perfetta malafede». L’aggiunto, che si è avvalso degli accertamenti dei carabinieri del Ros Lazio, al comando del colonnello Stefano Russo, ha ggiunto che «qualcuno sembra aver dimenticato che a Roma, sin dagli anni ‘70, è stata presente la Banda della Magliana, i cui rapporti con Cosa nostra sono stati dimostrati. C’è perfino una sentenza che condanna alcuni affiliati alla Banda della Magliana per associazione mafiosa. Non è un caso, dunque, che Massimo Carminati, uno dei protagonisti della nostra inchiesta, provenga proprio da quel passato criminale». Gli accertamenti investigativi, svolti anche dal Nucleo di polizia tributaria della Guardia di finanza, guidato dal colonnello Cosimo Di Gesù, hanno ulteriormente sottolineato la presenza mafiosa nella Capitale. Perché al di là del ruolo di Carminati, le indagini hanno tratteggiato anche la figura di Ernesto Diotallevi, ex della Banda della Magliana, «propaggine» di Cosa nostra a Roma. Le informative investigative disegnano «la sua centralità storica nel panorama criminale romano» al punto che, «ben conscio del suo ruolo e peso», «esercita ancora oggi una certa fascinazione nelle persone attratte da un certo “mondo criminale”, che non esitavano a mettersi volontariamente “a disposizione” dell’anziano boss per acquistare credito e possibili vantaggi». Ma dietro questo «spessore» non c'è solo il «fascino storico» della sua appartenenza alla Banda della Magliana e a Cosa nostra. Ci sono i suoi rapporti con il boss di Mafia Capitale, Massimo Carminati, a sua volta legato anche alla 'ndrangheta.