sabato 20 giugno 2015

Corriere 20.6.15
Perché il sindaco sta resistendo nella sfida del Campidoglio
di Massimo Franco


Naturalmente, la scelta sarà politica. E, sebbene i magistrati confermino la gravità delle infiltrazioni criminali nell’amministrazione capitolina, l’impressione è che Ignazio Marino stia vincendo la «battaglia del Campidoglio» a dispetto del benservito di Matteo Renzi: almeno per ora. «Andrò avanti fino al 2023», esagera lui, perché in realtà l’esito finale è tutto da vedere. Subentrano valutazioni di opportunità che non hanno portato a nessuna conclusione. Sebbene gli alleati di Sel chiedano al Pd se il Campidoglio non sia di fatto già commissariato, il primo cittadino, che alle inchieste è estraneo, sembra determinato a restare in sella.
Ci rimane temporaneamente, perché il premier e segretario del Pd non sembra molto convinto delle sue capacità di recupero; e teme che gli scandali continuino a danneggiare l’immagine del partito. Per questo, il sindaco si ritrova avversato e insieme sostenuto, con indicazioni contraddittorie che riflettono una situazione fluida. Ieri Marino ha detto di avere incontrato il commissario del Pd Roma, Matteo Orfini. E da lui ha saputo che ci saranno «cambi strutturali radicali», suggeriti in un documento dell’economista Pd, Fabrizio Barca. Quando gli è stato chiesto se si prepara a un rimpasto, Marino ha risposto: «Ho parlato di partito, non di giunta». Non è detto che tra qualche tempo, invece, le cose cambino per gli sviluppi dell’inchiesta Mafia Capitale. Ma la novità politica è l’altra. Nonostante Renzi sia convinto che l’onestà non compensi i suoi limiti come amministratore, Marino resiste. Il vertice dei Democratici ammette sotto voce di essersi dovuto rassegnare ad aspettare. I motivi: il partito è diviso; non si possono prevedere gli sviluppi delle indagini; non sarebbe facile spiegare il «no» a Marino dopo averlo difeso.
Si è consapevoli che in caso di elezioni la capitale potrebbe cadere nelle mani del Movimento 5 stelle. Il martellamento di Beppe Grillo contro il sindaco mira a questo. L’accusa al Pd è di non sciogliere la giunta comunale solo per paura di una vittoria del M5S. Grillo aggiunge che Palazzo Chigi starebbe pensando di commissariare il Campidoglio per guadagnare tempo: in quel caso, infatti, il voto slitterebbe di un anno. Anche questa tesi, però, appare, se non strumentale, tutta da verificare.
Un provvedimento del genere avrebbe contraccolpi devastanti sull’opinione pubblica nazionale e internazionale. E dunque l’ipotesi viene tenuta sullo sfondo come male estremo. Per questo Renzi ieri ha preferito concentrarsi su alcune scadenze parlamentari come la riforma della scuola, pure ostica; e smentire le malignità che lo descrivono affranto dopo i ballottaggi. Il sottosegretario Luca Lotti scolpisce, in terza persona: «Renzi e Lotti non sono asserragliati a Palazzo Chigi: stanno lavorando per il Paese».