Il Sole 19.6.15
Scuola, Renzi decide sulla fiducia
Stamattina riunione con i capigruppo per valutare il ricorso alla blindatura
«Riforme processo lungo ma non ci fermiamo»
La mediazione con la minoranza
di Emilia Patta
ROMA Punto primo: la scuola. Stamattima, in una riunione a Palazzo Chigi con i capigruppo del Pd Luigi Zanda ed Ettore Rosato e con i parlamentari che hanno seguito fin qui l’iter della Buona Scuola, Matteo Renzi potrebbe prendere la decisione definitiva sul provvedimento che prevede anche l’assunzione dei 100mila precari (per poterli metterli in ruolo a settembre ci sono ancora un paio di settimane, anche se i tempi sono strettissimi). Tra le opzioni sul tavolo resta infatti quella di un maxiemendamento sul quale mettere la fiducia già la prossima settimana (la commissione istruzione si riunirà martedì) accettando qualche modifica proposta dagli oppositori interni del Pd: una volta trovato un accordo di massima all’interno della maggioranza il provvedimento andrebbe direttamente in Aula, senza relatore, bypassando in questo modo i 3mila emendamenti presentati dalle opposizioni in commissione. Il calcolo del premier è che difficilmente la sinistra dem farebbe mancare il proprio voto, a parte un piccolissimo numero di dissidenti “storici”, perché una sconfitta si tradurrebbe in una crisi al buio. L’altra opzione è quella già ventilata pubblicamente dal premier: lo slittamento delle assunzioni al prossimo anno e la decisione sul provvedimento dopo la conferenza nazionale sulla scuola dei primi di luglio. E in questo caso i colpevoli sui quali addossare la mancata assunzione dei precari avrebbero nome e cognome: opposizioni, sindacati e anche minoranza Pd. L’unica cosa certa, al momento, è che Renzi esclude un decreto a parte come chiedono i suoi oppositori.
Punto secondo: la riforma costituzionale che abolisce il Senato elettivo e riforma il Titolo V. La sua approvazione entro la pausa estiva al Senato è la precondizione per poter celebrare il referendum confermativo, come è nel timing del governo, la prossima estate. Magari accorpandolo al voto nelle grandi città: Milano Torino Napoli Bologna e (probabilmente) Roma. Ma visto che devono passare sette mesi dal via libera definitivo delle Camere, è necessario chiudere entro l’estate anche il successivo passaggio alla Camera in modo da poter fare la seconda doppia lettura a novembre, dopo la pausa di tre mesi prevista dalla Costituzione. Con i numeri che ci sono in Senato, e i 24 dissidenti dem pronti alle barricate, sembra un timing da fantapolitica. Ma in Senato l’input arrivato dal governo è proprio quello di chiudere entro luglio. L’ipotesi più probabile per venire incontro alle richieste della minoranza è quella di intervenire tramite la legge ordinaria che disciplinerà l’elezione di secondo grado del futuro Senato: un listino a parte all’interno delle liste per i Consigli regionali in modo che i cittadini sappiamo preventivamente chi sarà anche senatore. A questo potrebbero aggiungersi altre concessioni, come l’aumento delle competenze del nuovo Senato (i dissidenti dem chiedono tra l’altro che la materia delle leggi elettorali nazionali resti di competenza bicamerale). Difficile dire se questo basterà a ricompattare il Pd in Senato. Ma certo a Palazzo Chigi si guarda con interesse anche al chiarimento in corso tra Berlusconi e Verdini, e alla proposta del Cavaliere di lasciare “libertà di coscienza” sulle riforme (sono una decina i senatori verdiniani).
Il premier è comunque fortemente impegnato a non interrompere il percorso delle riforme, sostenuto anche dal Capo dello Stato Sergio Mattarella. «Il cammino delle riforme è ancora lungo. Il governo ce la sta mettendo tutta e lo fa con mille difficoltà esterne come il tema dell’immigrazione cavalcato da taluni strumentalmente. Noi non ci fermiamo, andiamo avanti dritti», ha scritto ieri in un messaggio per l’assemblea generale di Confindustria Lecco e Sondrio.