Il Sole 17.6.15
Scuola
Avanti con la riforma anche senza assunzioni
di Claudio Tucci
Ve lo ricordate il progetto iniziale di riforma della Scuola targato Renzi-Giannini, presentato lo scorso settembre? Si parlava di un maxi piano di assunzione di oltre 100mila precari, ma anche di tanto merito e, finalmente, di valutazione dei docenti (si annunciava, con coraggio, la fine degli scatti di stipendio degli insegnanti legati alla sola anzianità), si rafforzava il ruolo del preside e si valorizzava la centralità del rapporto con il mondo del lavoro per irrobustire le competenze degli studenti.
Un disegno ambizioso, certo con dei limiti, ma innovativo, che poteva condurre a una riforma radicale della scuola italiana, di cui c’è bisogno. Oggi cosa è rimasto di quel documento intitolato «La Buona Scuola»? Poco. Già a marzo, al primo varo del Consiglio dei ministri, è arrivato un Ddl, con diversi passi indietro. Uno su tutti: gli scatti d’anzianità dei docenti, alla fine, sono rimasti, e si è introdotto un po’ di merito con un fondo di 200 milioni per premiare i professori meritevoli (appena il 5% di docenti di ciascun istituto).
Dopo il passaggio alla Camera, ci sono stati altri arretramenti, con il ruolo del preside ridimensionato in ossequio al principio di una presunta “collegialità” nella gestione dell’istruzione. E così, oggi, al Senato, è in discussione un Ddl molto distante dal progetto iniziale. Ma le proteste sono aumentate, anzichè diminuite. Così il premier, Matteo Renzi, ha deciso ieri di prendere altro tempo. Una scelta su cui pesa, senza dubbio, il risultato delle elezioni amministrative e lo sciopero unitario dei sindacati (il primo dai tempi della Gelmini) lo scorso 5 maggio. Anche in Senato, politicamente, la situazione è di stallo, e i numeri a disposizione della maggioranza sono piuttosto risicati.
I tempi supplementari annunciati ieri non vanno, però, ora sprecati. La storia italiana è piena di mezze-riforme, fatte dal governo di turno, e poi stravolte o cancellate dall’esecutivo successivo. Una sorte che è capitata, nell’ordine, a tutti i recenti ministri dell’Istruzione, da Berlinguer a Moratti, passando per Fioroni e Gelmini. È capitato pure che validi progetti, come quello Aprea, dopo aver avuto l’ok di un ramo del Parlamento, si sono poi affossati nell’altro.
È per questo che il dibattito che si aprirà nei prossimi giorni deve essere costruttivo e interessare i temi veri della scuola, che è l’investimento culturale per i nostri figli (e non può essere ridotta a lotta ideologica e perpetuo terreno di scontro sindacale).
Una buona riforma dell’istruzione è necessaria, anche senza il capitolo assunzioni. Serve al Paese e non deve diventare l’ennesima occasione persa perchè si litiga su chi debba essere stabilizzato o meno.
Anche qui, può essere d’aiuto alzare lo sguardo, e puntarlo fuori dall’Italia.
Recentemente sono state varate importanti riforme scolastiche in Francia (limitata alla scuola media), in Inghilterra, in Danimarca. Tutte sono state partecipate, e hanno guardato all’interesse dei ragazzi. I risultati si vedranno. È tempo che anche da noi si riesca a fare questo salto di qualità.