martedì 9 giugno 2015

Corriere 9.6.15
Un triangolo complicato: Ucraina, Russia e Georgia
risponde Sergio Romano


Sono rimasto sorpreso dalla nomina dell’ex presidente georgiano Mikheil Saakashvili
da parte del presidente ukraino Petro Poroshenko a governatore di Odessa.Possibile che non ci fossero ukraini all’altezza? Tutti ricordiamo come l’improvvida decisione di Saakashvili di attaccare l’Ossezia del Sud, dette ai russi la scusa, nell’agosto 2008, per invadere e punire duramente la Georgia. Saakashvili era sicuro dell’appoggio americano, francese, inglese, ma l’appoggio si limitò a dichiarazioni di principio e di condanna e la Georgia dovette ringraziare la sua buona stella se i russi si ritirarono da diversi suoi territori. 
Adesso ritroviamo Saakashvili di nuovo in grado di nuocere alla difficile stabilità di un territorio a rischio di invasione da parte dei russi. Non pensa che queste mosse, chiaramente ispirate dagli americani, dovrebbero essere  elaborate in modo più responsabile?
Paolo Lombardo

Caro Lombardo,
Non credo che Saakashvili sia soltanto l’obbediente esecutore dei disegni degli Stati Uniti. È troppo ambizioso, capriccioso e imprevedibile. Ma ha certamente eccellenti rapporti con alcuni settori della politica americana. Si è laureato alla facoltà di giurisprudenza della Columbia University. Ha una vecchia familiarità con il «falco» John McCaine, candidato sconfitto alle elezioni presidenziali del 2008 e oggi presidente della Commissione Forze Armate del Senato americano. Quando Saakashvili, allora presidente della Georgia, lanciò una operazione militare, nella notte fra il 7 e l’8 agosto 2008, per riconquistare l’Ossezia del Sud, occupata dalle truppe russe sin dal 1992, vi era nella repubblica caucasica una missione militare degli Stati Uniti composta da 800 persone. È permesso supporre che il comando di quel contingente conoscesse i piani militari del governo georgiano e avesse informato Washington. Ed è certamente possibile immaginare che Saakashvili non avrebbe attaccato se non avesse creduto di potere contare sul sostegno degli Stati Uniti. Ma gli americani preferirono stare alla finestra e lasciare al presidente francese Nicolas Sarkozy, nella sua veste di presidente dell’Unione Europea, il compito di sbrogliare la matassa. Saakshvili, intanto, riuscì a conservare la presidenza del suo Paese per un secondo mandato fine al novembre del 2013. Negli ultimi due anni la sua autorità, in patria, ha cominciato a traballare. Il suo partito ha perso le elezioni e la sua presidenza è stata oggetto di alcune indagini giudiziarie per abuso di potere. Ha passato buona parte del suo tempo a New York e non può rientrare in Georgia senza correre il rischio di un arresto.
Deluso in patria, Saakashvili ha abbracciato entusiasticamente la causa della rivoluzione di Maidan e ha fatto negli ultimi mesi parecchie apparizione in Ucraina. Conosce Poroshenko sin dagli anni della gioventù, quando erano entrambi studenti dell’Università Taras Shevchenko di Kiev, e sostituisce a Odessa uno degli oligarchi che il presidente ucraino cerca di rimuovere dalle posizioni di potere conquistate in passato. È una linea politica comprensibile, ma il presidente ucraino, in questo caso, ha scelto un nemico di Putin e, per di più, gli ha dato l’incarico di governare una regione in cui la componente russofona e russofila è particolarmente importante. A Odessa, il 2 maggio 2014, vi furono sanguinosi scontri fra russofili e partigiani di Maidan. Quando andò in fiamme la Casa dei sindacati, 42 russofili perdettero la vita nell’incendio. Con l’arrivo di Saakashvili a Odessa vi è, nel cielo dei rapporti russo-ucraini, una nuvola in più.