sabato 6 giugno 2015

Corriere 6.6.15
Mafia Capitale. Affari di famiglia
Imprese edili, finanziarie, circoli nautici, radio
L’impero dei Pulcini tra business e inchieste
di Sergio Rizzo


«Non c’è problema», si dice a Roma. La frase vale più di qualsiasi stretta di mano, promessa davanti a testimoni, contratto firmato. Come Luca Odevaine faceva intendere per telefono il 17 marzo 2014 al suo interlocutore Gerardo Addeo: «Il padre di... di Daniele... m’ha detto: guarda non c’è problema... mi dici... e lo facciamo...». In quella telefonata i magistrati che indagano su Mafia Capitale intravedono elementi pesanti. Indizi del fatto che le presunte tangenti pagate dal gruppo La Cascina a Odevaine per l’aggiudicazione dei servizi al centro di accoglienza profughi Cara di Mineo (dal quale Odevaine è stato poi perfino assunto come dirigente) sarebbero state giustificate formalmente con fatture per operazioni inesistenti. Niente di particolarmente creativo, insomma. Ma efficace, sì. E qui, in un decreto di perquisizione firmato il 29 maggio dalla procura di Roma, spuntano i nomi di Antonio e Daniele Pulcini, padre e figlio.
Il cognome ispira tenerezza, ma non inganni. La famiglia Pulcini è una specie di rompighiaccio con il motore in Lussemburgo: dove ha sede la holding tentacolare Antonio Pulcini group sa. Perché da lontano il panorama si ammira meglio. Ed è un panorama decisamente impressionante. Un centinaio di società, imprese di costruzioni, immobiliari, finanziarie, consorzi, circoli nautici: perfino una radio che a Roma fra i malati di calcio va per la maggiore.
Difficile definire lo spessore finanziario di un impero dai confini impalpabili. Di sicuro c’è che la storia dei Pulcini ha tratti di similitudine con la letteratura urbana del moderno Sacco di Roma e dei suoi protagonisti più sfrontati. Uno slalom infinito fra affari e politica. Così spericolato da dover mettere nel conto tanti incidenti di percorso.
Adesso Daniele è finito ai domiciliari per gli alloggi dell’emergenza abitativa. Alloggi da destinare agli indigenti che il gruppo Pulcini aveva affittato al Comune di Roma. A prezzi siderali. Basta dire che per gli 84 appartamenti di vicolo del Casale Lumbroso il Campidoglio ha pagato quasi 2,7 milioni l’anno. Il che significa 2.669 euro al mese per ciascuno di essi. Un business enorme: un quinto degli alloggi affittati dal Comune per l’emergenza abitativa è dei Pulcini, per un fatturato di nove milioni l’anno.
E poi un video che gli è costato altri domiciliari appena pochi mesi fa. Girato per scherzo, si è detto. Ma intanto si vede Daniele Pulcini che consegna a un mediatore un pacco di soldi. «Contali, che poi non ti torna», gli fa. Nel passaggio di denaro, sostengono i magistrati, ci sarebbe di mezzo la concessione alla Flora Energy di Pulcini junior per la costruzione di un parcheggio a piazzale Clodio. «Contali», insiste Daniele, «te li sei presi tutti tu». E l’altro: «Magari, me ne andavo alle Hawaii..». Invece si è trovato anche lui ai domiciliari. Alla faccia dello scherzo.
Non è stato uno scherzo nemmeno la condanna a un anno e quattro mesi che qualche settimana prima di questa disavventura gli aveva appioppato il tribunale per lesioni, ingiurie e minacce all’ex moglie Claudia Montanarini, già tronista di Uomini & Donne. In precedenza era toccato a lei assaggiare i domiciliari con l’accusa di aver minacciato la compagna dell’ex marito. Lui si dichiara innocente: «Non sono uno sposo perfetto ma non ho mai toccato Claudia».
E non si sa nemmeno se da ragazzo fosse uno studente modello, Daniele. Per quanto di quel procedimento giudiziario si siano perse le tracce da anni. Dieci anni fa insieme a suo fratello Gabriele, di un anno appena più grande, è scivolato in una inchiesta giudiziaria sulla compravendita di esami alla facoltà di Giurisprudenza della Sapienza. Soldi in cambio di voti, accusarono i magistrati, secondo cui «cinturini» era il nome in codice delle mazzette. «Quali mazzette e mazzette! Erano cinturini di orologi», argomentò la difesa. Cinturini, pensate un po’. Senza impedire che i due nel 2008 venissero rinviati a giudizio. Da allora, più nessuna notizia.
Ma siccome il mondo è davvero piccolo, l’ironia della sorte ha voluto che un’accusa identica sia stata mossa anche a Marco Di Stefano. Come ha raccontato Fiorenza Sarzanini sul Corriere , i magistrati sospettano che pure il deputato del Pd abbia comprato degli esami. Ma in un’altra università, almeno. Parliamo, ovviamente, dello stesso Di Stefano sospettato di aver incassato una tangente milionaria dai Pulcini per favorire l’affitto a costi astronomici da parte della Regione di un loro immobile da adibire alla sede della società controllata Lazio service.
Precisazione d’obbligo: tutte queste inchieste sono in corso e la presunzione d’innocenza finché non intervengano condanne definitive dev’essere sempre rispettata. Ma è impossibile ignorare lo scenario che fa da contorno a questa saga affaristica. Daniele Pulcini e suo fratello Gabriele, nati rispettivamente nel 1972 e nel 1971, vanno ancora alle elementari quando papà Antonio con il sostegno della sorella Rita si lancia anima e corpo nell’offensiva immobiliare di Poltu Quatu. Operazione che per gli ambientalisti altro non è che una feroce speculazione in uno degli angoli più belli della costa sarda: non allo stesso modo, ovviamente, la giudicheranno i politici della prima e della seconda repubblica che di Pulcini apprezzeranno in quel paradiso l’ospitalità balneare.
I figli di Antonio e sua moglie Maria Bice Asara ancora non frequentano l’università quando Pulcini senior, classe 1943, spunta nell’ affaire Italsanità, la società pubblica che dovrebbe affittare da alcuni privati immobili da destinare a residenze per anziani. Una vicenda così torbida da concludersi ancora prima di cominciare.
Ma papà Antonio non è tipo da farsi impressionare. Lui è già all’opera dalle parti di Acilia, dove ha messo le mani su una enorme area agricola già della Federconsorzi a cui è stata provvidenzialmente cambiata destinazione d’uso. Il suo partner in quel frangente si chiama Salvatore Ligresti, che poi uscirà di scena. I soldi invece arrivano dal Banco di Napoli. Che si troverà esposto con il gruppo Pulcini per l’incredibile cifra di 700 miliardi di lire. Esposizione che darà un contributo non trascurabile al crac del Banco di Napoli, come si evincerà dalla ustionante relazione degli ispettori di Bankitalia. E non sarà l’unica ferita. La più dolorosa, per un territorio già messo a dura prova dal partito del cemento, sono i 1.347 appartamenti del complesso Terrazze del Presidente, sanati con 1.347 condoni edilizi.