giovedì 4 giugno 2015

Corriere 4.6.15
Il sogno di Fabiola Gianotti
«Raggiunti i limiti della tecnologia. Esiti imprevedibili»


«Finalmente possiamo affrontare grandi questioni della fisica rimaste finora senza risposta» ammette soddisfatta Fabiola Gianotti, che dopo aver diretto uno dei due esperimenti chiave (Atlas) per la scoperta del bosone di Higgs nel 2012 (l’altro era Cms) ora si prepara alla guida del Cern, il laboratorio europeo oggi più importante al mondo per le ricerche sulla natura della materia, nato a Ginevra mezzo secolo fa.
Quali saranno le nuove opportunità offerte da Lhc?
«Guardando nel mondo primordiale ricostruito all’interno della macchina cercheremo di capire di che cosa sia formata la materia oscura che caratterizza il 25 per cento dell’Universo, oppure l’antimateria sulla quale all’inizio ha avuto il sopravvento la materia di cui anche noi siamo costituiti, e non sappiamo ancora il perché. Compiamo un viaggio alle origini entusiasmante solo al pensiero».
Tra le altre domande in attesa di risposta c’è anche l’esistenza o meno della supersimmetria.
«Questa è una teoria ipotizzata e dobbiamo vedere se, così come è stata formulata, corrisponda alla realtà. Magari non è corretta e ha bisogno di modifiche. Comunque se non l’abbiamo trovata nella prima fase degli studi potrebbe significare che le particelle di cui è formata come il neutralino o il fotino si manifestano a energie superiori. E adesso lo verificheremo».
Il fascino dei nuovi strumenti di indagine deriva anche dalla facoltà di portare dove nessuno aveva previsto.
«Infatti potremmo scoprire particelle nemmeno immaginate; delle realtà nuove perché Lhc, macchina meravigliosa, ci spalanca la porta di un giardino incantato nel quale le sorprese possono essere numerose. Siamo ricercatori. Cerchiamo, e le scoperte più belle sono quelle inattese. Di certo l’acceleratore consente di affrontare una nuova fisica per la quale ci siamo preparati in questi anni. Bisogna però ricordare che è la natura a decidere e spesso è in grado di sorprenderci con visioni a cui nessuno aveva pensato».
Prospettive esaltanti permesse da uno strumento unico al mondo. È lecito, dunque, attendersi risultati altrettanto eccezionali?
«Lhc e i quattro esperimenti sono ai limiti della tecnologia e consentono di indagare la natura al meglio, come mai era stato possibile. È come per un pittore disporre di nuovi colori, per uno sculture di un marmo eccezionale o per un musicista disporre di un nuovo Steinway a coda: i risultati sono potenzialmente straordinari».
Come si sente uno scienziato davanti a queste eccezionali possibilità?
«Posso dire di vivere assieme ai miei colleghi un’emozione profonda. Trovarsi in questo modo sulla soglia di una nuova epoca della conoscenza ti fa sentire anche la responsabilità di un’impegno che hai sognato a lungo e finalmente diventa una realtà».