mercoledì 3 giugno 2015

Corriere 3.6.15
Il dilemma di Tsipras. Come non tradire le promesse agli elettori?
di Maria Serena Natale


In Grecia la parola più pronunciata in questi giorni è «sinfonia», accordo, mai sinfonia fu più discordante.
Il premier Alexis Tsipras ha una missione, rispettare la parola data. Non si tratta solo della promessa elettorale di opporsi al «neocolonialismo» finanziario dell’austerità, ma dell’impegno più ampio di riaffermare il peso della Grecia come democrazia sovrana in un’Europa coesa e solidale. Il giovane leader ha mirato in alto. Alle sue spalle c’è una falange di duri e puri, gli oltranzisti di Syriza riuniti nella «Piattaforma di sinistra» in attesa che il nuovo Icaro si avvicini al sole su ali di cera e paghi la sua hybris, eccesso d’orgoglio.
A Tsipras la mitologia piace, anche se a volte fa confusione come quando dopo la vittoria del 25 gennaio citò a sproposito la povera Cassandra, la profetessa condannata a non essere ascoltata: «Dimostreremo — twittò — che le Cassandre del mondo sbagliano». Si riferiva ai disfattisti, agli allarmisti, ai «gufi» renziani. Gli era sfuggito che Cassandra non sbagliava mai un colpo.
Allarmisti e oppositori tornano a farsi sentire nelle ore del pressing per la svolta politica invocata da Atene. Ieri il governatore della Banca centrale greca Yannis Stournaras, già ministro delle Finanze tra il 2012 e il 2014 impegnato nella trattativa con l’ex troika dei creditori internazionali, ha raccomandato al governo di non disfare il lavoro dei predecessori e rispettare i sacrifici sopportati dalla popolazione negli ultimi cinque anni per rimanere nell’euro. Lo stesso Euclid Tsakalotos, l’economista che ora conduce i negoziati con il Gruppo di Bruxelles e che è tra i fedelissimi di Tsipras, ha alzato i toni com’era già accaduto due settimane fa per l’allarme sul rimborso della rata da 312 milioni al Fondo monetario: «Stiamo lavorando per una soluzione — ha detto Tsakalotos — ma se non la raggiungiamo, non è esclusa la rottura. In quel caso agiremo democraticamente coinvolgendo il popolo». Riferimento all’ipotesi di elezioni anticipate, scenario poco probabile ma rilanciato negli ultimi giorni, più che per avvertire gli osservatori esterni, per riportare all’ordine le frange ribelli interne al partito di governo. Un azzardo che potrebbe innervosire i mercati, innescare timori e prelievi bancari — in realtà i greci, anche grazie alla nuova strategia comunicativa, finora hanno dato fiducia alla squadra di Tsipras e dimostrato di non temere il peggio, ma il sistema bancario nazionale conta 130 miliardi di euro di depositi e basterebbe un calo di appena dieci miliardi per farlo saltare. Rischio calcolato per spegnere sul nascere le tentazioni cospirazioniste e rafforzare il governo. Una volta accettato dalle delegazioni, l’accordo di Bruxelles dovrebbe superare il voto di fiducia in Parlamento e il premier vuole vincere con la sua maggioranza, senza appoggi esterni. Nel caso si tornasse a votare tra giugno e luglio, Tsipras ha già fatto sapere che i candidati sarebbero scelti direttamente da lui, non eletti, come previsto dalla legge per consultazioni tanto ravvicinate. «La fiducia ci sarà — dice al Corriere il ministro dell’Economia Georgios Stathakis — le divisioni non hanno impedito a Syriza di diventare forza di governo». E così il premier e i suoi possono concentrarsi sulla «guerra delle bozze». Un confronto a distanza con i greci che continuano ad aggiungere pagine alla loro proposta, giudicata ancora ieri insufficiente dal capo dell’Eurogruppo Jeroen Dijsselbloem (nuovi dettagli sull’Iva, sulle pensioni, sull’avanzo primario che Atene vorrebbe dello 0,8% per il 2015 e dell’1,5% per il 2016), e i creditori che per la prima volta mettono sul tavolo un loro testo. Come rivela il riposizionamento a centrocampo dell’asse Merkel-Juncker-Hollande, con Draghi e Lagarde a fare da sponda, ormai leader e istituzioni mirano non tanto a rivendicare la paternità di un’intesa parziale quanto ad allontanare il sospetto di aver sottovalutato la situazione e lasciato languire la trattativa. I ritardi possono portare incidenti, aveva ammonito il segretario al Tesoro americano Jack Lew. «La domanda non è se Atene troverà i soldi per rimanere nell’euro ma se l’Europa ha intenzione di restarci» chiosa il ministro delle Finanze Yanis Varoufakis intervistato da La7 .
Con un particolare. La linea greca non cambia: va bene cercare insieme un compromesso «ragionevole», ma i contenuti li decidiamo noi. Niente invasioni di campo.