mercoledì 24 giugno 2015

Corriere 24.6.15
I divi, gli affiliati, i reclutamenti Scientology come un horror
Da Haggis a Travolta, il viaggio-inchiesta di Gibney su fedeli e fanatismo
di Paolo Mereghetti


Dopo aver raccontato le pratiche illegali e le torture del governo Bush ( Taxi to the Dark Side, premio Oscar per il miglior documentario nel 2008) e gli abusi sessuali della chiesa cattolica ( Mea Maxima Culpa, silenzio nella casa di Dio , 2012), il regista newyorchese Alex Gibney ha presentato al Sundance Film Festival Going Clear: Scientology e la prigione della fede , che esce questa settimana nei cinema italiani.
Prendendo come «traccia» il libro-inchiesta di Lawrence Wright Going Clear: Scientology, Hollywood & the Prison of Belief , Gibney mette in campo tutta la sua abilità di regista d’inchiesta per cercare di offrire un quadro il più possibile documentato di un argomento — la chiesa di Scientology — su cui voci e dicerie sono sicuramente superiori ai fatti realmente documentati. Per farlo si basa soprattutto sulla testimonianza diretta di alcuni ex membri della «chiesa» che accettano qui per la prima volta di mostrarsi in video per raccontare la loro esperienza.
Il più celebre di tutti è il regista Paul Haggis, premio Oscar 2004 per il film Crash , entrato ventenne in Scientology e uscitone dopo 35 anni nel 2008. Con lui parlano anche l’attore Jason Beghe, affiliato per 13 anni e attualmente interprete della serie Nbc «Chicago PD», oltre ad alcuni ex membri che hanno ricoperto ruoli molto importanti nell’organizzazione, come Marty Rathbun, per anni braccio destro del presidente di Scientology David Miscavige, o Mike Rinder, ex portavoce della comunità, o ancora Sylvia «Spanky» Taylor, che aveva lavorato all’Hollywood Celebrity Centre per reclutare nuovi adepti nel mondo dello spettacolo, o Sarah Goldberg che aveva raggiunto il «livello spirituale» più alto della chiesa. Si sono invece rifiutati di farsi intervistare Tom Hanks, Nicole Kidman e John Travolta, anche se dei due attori membri di Scientology Gibney mostra interviste fatte in passato e riprese ufficiali delle loro partecipazioni alle convention del movimento.
Ma che cosa esce da tutto questo materiale? Soprattutto il meccanismo coercitivo con cui Scientology riesce a trasformare i suoi aderenti in fedeli fanatici, capaci di tagliare i ponti (o «disconnettersi» nel loro gergo a metà tra il fantascientifico e il visionario) con quella parte delle loro famiglie che non condividono le stesse convinzioni. Come dice Paul Haggis alla fine del film «quando credi, non pensi con la tua testa» e tutto il meccanismo messo in pratica da Scientology sembra finalizzato proprio a fortificare questo spirito di appartenenza e queste pratiche di indottrinamento.
Per farlo, questa chiesa, riconosciuta tale dal governo degli Stati Uniti nel 1993 dopo un lungo braccio di ferro fiscale (le religioni sono esentate dal pagare le tasse), mescola le fantasiose teorie fantascientifiche messe a punto dal suo fondatore Ron Hubbard con pratiche che incrociano autoanalisi e confessionale. Per liberare il corpo dagli spiriti malvagi che un fantomatico dio Xenu avrebbe lanciato contro l’umanità 75 milioni di anni fa, ognuno deve «scavare» nella propria mente attraverso una lunga pratica di colloqui riservati chiamati «auditing» capaci di cancellare traumi e sensi di colpa. Un processo, naturalmente a pagamento (il patrimonio del movimento è stimato intorno ai 3 miliardi di dollari!), che di fatto offre la possibilità di conoscere debolezze ed errori di ognuno. Se poi queste informazioni servono ai singoli membri per diventare «clear», cioè ripulito da ogni paura, o a Scientology per ricattare e stringere a sé i propri membri (come sostengono gli intervistati) è il nodo che il film lascia sciogliere all’intelligenza dello spettatore.
Da eccellente documentarista, Alex Gibney non ha una tesi da difendere ma una serie di fatti da raccontare e su cui gettare un po’ di luce. La sua idea di «autorialità» sta tutta nella propria capacità investigativa, nel coraggio di affrontare argomenti scomodi (e i pedinamenti e le intimidazioni cui sono stati sottoposti Marty Rathbun e sua moglie Monique dimostrano che Scientology è molto vendicativa) e nell’inseguire un cinema capace di parlare alla razionalità e non all’emotività. Anche se alla fine delle due ore di Going Clear hai comunque l’impressione di aver assistito a un autentico film horror. Dove però tutto è maledettamente vero.