mercoledì 24 giugno 2015

Corriere 24.6.15
Il «vizioso del bene» che scrisse a Hitler
di Antonio Carioti


«Fare del bene non è una virtù, ma è come un vizio. C’è chi ha il vizio della sigaretta, chi quello dell’alcol o del gioco, io invece ho dentro di me la sfera di fuoco della giustizia. Ho una dipendenza cronica da cui non mi posso liberare nonostante tutte le delusioni». Per quanto paradossali, queste parole del tedesco Armin Wegner riflettono bene lo spirito con cui egli interpretò la sua esistenza, ricostruita con forte partecipazione e scrittura briosa da Gabriele Nissim nel libro La lettera a Hitler (Mondadori, pp. 304, e 20). Dopo aver denunciato e documentato con le sue foto il genocidio degli armeni durante la Prima guerra mondiale, nel 1933 Wegner si oppose alla persecuzione degli ebrei in Germania, con una coraggiosa missiva al Führer che gli costò l’arresto e pesanti torture. Nissim tratteggia il personaggio senza trascurarne le ambiguità e il narcisismo di fondo: probabilmente, nota, l’ansia di giustizia nasceva in Wegner dal suo rapporto difficile con il padre, da cui non si sentiva accettato. Ma tali osservazioni, che allontanano il libro da ogni forma di agiografia, non tolgono nulla ai meriti del protagonista, anzi ne mettono in risalto la sofferta umanità.