mercoledì 24 giugno 2015

La Stampa 24.6.15
Majakovskij-Pavese
L’arte di copiare fino alla scelta estrema
di Mario Baudino


È probabile che ai lettori di Serena Vitale il titolo del bellissimo saggio su Majakovskij (Il defunto odiava i pettegolezzi, Adelphi) abbia ricordato qualcosa di più vicino a noi, nello spazio e nel tempo. Scrisse infatti il poeta russo nella sua ultima lettere indirizzata «A tutti», prima di spararsi un colpo di pistola al cuore: «Non incolpate nessuno della mia morte e, per piacere, non fate pettegolezzi. Il defunto li odiava». Più o meno con le stesse parole si accomiatò Cesare Pavese, addormentandosi per sempre in una stanza dell’albergo Roma, a Torino: «Perdono tutti e a tutti chiedo perdono. Va bene? Non fate troppi pettegolezzi». E pur considerate le vicissitudini abbastanza simili che condussero i due scrittori al suicidio, la coincidenza non passa inosservata.
Citazione, omaggio letterario, memoria involontaria, forse addirittura plagio? È indubbio che, se ci si avventura con questo passo anche sull’estrema soglia, la faccenda va presa molto sul serio. Non la si può liquidare appunto col «pettegolezzo», quello che accompagna come un basso continuo la letteratura soprattutto moderna, puntellata da denunce di plagi d’ogni genere, autodifese ora orgogliose ora imbarazzate, polemiche al vetriolo, processi, in qualche caso (raro) condanne, disperazioni e persino la morte, come accadde a un’autrice indiana, Indrani Aikath Gyaltsen, nel 1994, e alla francese Christine Chaufour Verheyen, nel 2000. Si uccisero entrambe perché, smascherate, non vollero sopravvivere alla vergogna.
Va detto che rappresentano un’eccezione, in un mare di continue riscritture, alcune «creative» e geniali, altre molto meno. Di questo mare sconfinato in perenne tempesta esiste ora una preziosa cartografia, stilata con pazienza borgesiana da Luigi Mascheroni in Elogio del plagio (appena uscito per Aragno), ovvero Storia, tra scandali e processi, della sottile arte di copiare, da Marziale al web. È un’enciclopedia «impossibile», sterminata e ironica, che spulciando tra biografie, studi accademici e articoli di giornale non risparmia (quasi) nessuno, dai casi più noti come i cosiddetti «plagi» di D’Annunzio a quelli già dimenticati dopo qualche giorno di furore mediatico, scopiazzature firmate da filosofi alla moda, giornalisti celebri, intellettuali di prestigio anche se purtroppo frettolosi.
Mascheroni si diverte, con amore. Il suo «elogio del plagio» (che ovviamente include anche in nota la coppia Majakovskij-Pavese) oscilla tra la sincerità e l’ossimoro. E del resto, come da aforisma attribuito a vari personaggi, da Stravinskij a Picasso a Dalí, dunque anch’esso plagiato, «i grandi artisti non copiano: rubano».