Corriere 24.6.15
Un pezzo della nostra vita si specchia nel «Libro dei fatti»
di Paolo Beltramin
Più ancora che alle suole delle scarpe, il giornalismo deve molto ai piccioni viaggiatori. Fu grazie a questi mezzi di comunicazione senza fili (wireless, diremmo oggi) che nel 1835 Charles-Louis Havas mise in piedi la prima agenzia di stampa. Per raggiungere Londra da Parigi, i piccioni impiegavano circa 8 ore. L’idea originale di Havas, commerciante ebreo di origini ungheresi, fu di aggiornare i suoi abbonati così, quasi in tempo reale, dell’andamento della Borsa. Ma presto, visto che conosceva l’inglese e il tedesco (e sua moglie lo spagnolo) nei dispacci affidati ai pennuti aggiunse la traduzione dei migliori articoli dei giornali.
Risultato? «La gente crede di leggere più giornali, ma in definitiva non ce n’è che uno solo: monsieur Havas», denunciava tre anni più tardi Honoré de Balzac, convinto che il nuovo, infernale strumento avrebbe segnato la fine del giornalismo. Ma come la maggior parte dei giornalisti, anche Balzac beveva troppi caffè e spesso non azzeccava le previsioni. Già nella seconda parte dell’Ottocento le agenzie di stampa si erano moltiplicate — dalla Wolff alla Reuters fino alla Stefani, fondata nel 1853 a Torino per volontà di Cavour — mentre i piccioni venivano sostituiti dal telegrafo; in compenso giornalisti e lettori non sparivano, anzi erano sempre di più.
«Voglio fatti, fatti, nient’altro che fatti: come fossero dei piselli, un tanto al sacchetto», spiegava Julius Chambers, direttore del «New York Tribune», ai cronisti alle prime armi di inizio Novecento. «Accuratezza, accuratezza, accuratezza», fece scrivere Joseph Pulitzer all’ingresso della sua prima redazione. È quello che trovate anche oggi, un secolo dopo, nelle 960 pagine del Libro dei Fatti 2015 (Adn Kronos Libri, e 12,50), frutto di un anno di lavoro della squadra di cronisti dell’agenzia di stampa di Giuseppe Marra. Il volume contiene oltre 20 mila notizie, politica e cronaca nera, ma anche sport e spettacoli, tante statistiche e due pagine di graphic journalism . Arrivato alla 25esima edizione, dal 1991 a oggi ha venduto oltre 4 milioni di copie, diffuse in libreria e in Autogrill, su carta, ebook e ora anche via app.
Non è certo la prima volta che Il libro dei fatti cambia forma. La prima versione del World Almanac and Book of Facts fu stampata a New York nel 1868, aveva 120 pagine. L’edizione più lontana nel futuro? Forse quella che consulta — nel film apocalittico I Am Legend — il sopravvissuto Will Smith, per calcolare l’orario esatto in cui il sole tramonta, e regolare così l’orologio digitale.
Anche molte notizie raccolte nel Libro dei Fatti 2015 un anno fa sarebbero sembrate fantascienza. Alcune mettono paura, dall’avanzata dell’Isis al disastro della Norman Atlantic. Altre ci hanno fatto saltare in piedi per la gioia, come la sfilata in maglia gialla di Vincenzo Nibali sui Campi Elisi, il 27 luglio; oppure la nomina di Fabiola Gianotti a direttore del Cern di Ginevra, il 4 novembre; o ancora, sette giorni dopo, quando Samantha Cristoforetti ha raggiunto la Stazione spaziale. È stato l’anno del matrimonio di George Clooney con Amal a Venezia; e quello delle nozze tra Alessandra e Pierpaolo, che hanno scelto di festeggiare nel centro commerciale di Carugate, perché proprio lì si erano incontrati per caso e subito innamorati. Fatti, fatti, nient’altro che fatti: drammatici o felici, destinati a restare nei libri di storia o a essere presto dimenticati. A rileggerle, tutte queste notizie messe in fila, c’è anche un pezzo della nostra vita.