lunedì 22 giugno 2015

Corriere 22.6.15
Gli errori di Marino e le troppe incertezze Pd
di Antonio Macaluso


I l braccio di ferro va avanti. E Ignazio Marino, da molti dato per rottamato, senza appello, è ancora al suo posto, anzi, all’attacco. L’esplosione di Mafia Capitale 2 non ha dato quel colpo di grazia ad un sindaco di Roma già logorato dai pesanti attacchi alla sua gestione della città. Da settimane, si aspetta un segnale netto dal governo e dal Pd, una linea da seguire con chiarezza, con rapidità. Crisi grave, rimedio veloce. E invece ci ritroviamo spettatori paganti di un misto tra una commedia degli equivoci e una partita giocata tra tatticismi e melina. Nell’ordine, dopo l’esplosione del sequel di Mafia Capitale, il presidente del Pd Orfini difende a spada tratta il sindaco. Ma dopo poche ore il premier avverte che, fosse in Marino, non si sentirebbe tranquillo. Segue tensione Orfini-Renzi. Marino tira avanti, la giunta del Campidoglio scricchiola. Ieri Maria Elena Boschi, ministro per le Riforme e, di fatto, numero due del governo, insiste: «Marino è una persona onesta, ma questo non basta». E poi: «Decida se se la sente di andare avanti». Passano poche ore e il sindaco ribadisce che a dimettersi non ci pensa. Di più, attacca il Pd per i rapporti opachi con il suo predecessore, Gianni Alemanno. Siamo in pieno stallo. Ma per quanto ancora? Il Pd ha il dovere, come partito che sostiene Marino, di far sapere con chiarezza che cosa ha intenzione di fare: vuole mandare a casa il sindaco? Ha tutti gli strumenti per farlo. Disegni un percorso politico-istituzionale e lo metta in pratica con rigore, rapidità e trasparenza. Ritiene, al contrario, che Marino meriti ancora il suo appoggio? Usi tutto il suo peso, lo aiuti a governare, a recuperare immagine, ad uscire dalla tempesta. A questo punto, quando si è già perso troppo tempo, bisognerebbe che la migliore politica riprendesse il sopravvento, che si aprisse un confronto franco e decisivo, evitando questo dialogo a distanza fatto di battute, messaggi, minacce e ammiccamenti. Non ce lo meritiamo.