domenica 21 giugno 2015

Corriere 21.6.15
La cultura della paura rischia di provocare altre vittime negli Stati Uniti
di Massimo Teodori


Non illudiamoci: l’eccidio razzista di Charleston non sarà l’ultimo di una serie ormai lunga. Dopo il Missouri e il Maryland, la mano assassina ha colpito in South Carolina, e nessuno può dire quale sarà il prossimo Stato della profonda America in cui si farà viva. Allora gli Stati Uniti sono razzisti? No e sì. No, perché definire la nazione stellata razzista è come dire che l’Italia è mafiosa. Sì, perché esiste un’ampia fascia di territori, soprattutto al Sud e all’Ovest, in cui la «supremazia bianca» resiste come cultura dominante che si trasmette di padre in figlio. Lì la violenza è istintiva nei ceti dominanti che controllano la polizia, la giustizia, e le amministrazioni statali e locali. «Voi neri vi state prendendo il nostro Paese e stuprate le nostre donne», ha esclamato il giovane assassino munito dell’antica bandiera del Sud schiavista. Obama alla Casa Bianca e la black bourgeoisie in ascesa hanno risvegliato il rancore dei ceti bianchi che sono stati potenti, e oggi devono constatare di avere perso la partita della storia. Non a caso gli omicidi si scatenano laddove negli anni Cinquanta e Sessanta del Novecento si giocò la partita dei diritti civili guidata dai pastori delle chiese nere alla testa del popolo negletto.
  Il presidente è impotente perché il federalismo attribuisce il potere sulle armi agli Stati, e il Congresso di Washington è condizionato dagli interessi locali. Ieri, su queste pagine, è stato ricordato che oltre la metà degli abitanti rurali e il 41% dei bianchi possiedono un’arma, e che in maggioranza votano repubblicano. La lobby delle armi — National Rifle Association — da sempre fa il bello e il cattivo tempo alle elezioni con generosi finanziamenti ai candidati amici. Così le proposte di legge presidenziali sul controllo delle armi vengono respinte; ed appare perciò difficile che l’arcaica cultura fondata sulla paura degli antichi pionieri della frontiera possa essere domata dalla civiltà del diritto.