domenica 21 giugno 2015

Corriere 21.6.15
Le tante partite e l’incognita «spagnola»
La Spagna vivrebbe molto male l’eventuale successo greco
di A.Ni.


ATENE Rinvio a parte, sono tre gli esiti prevedibili del summit sulla Grecia di lunedì. Rottura con uscita della Grecia dall’euro. Accordo con rischio di una crisi di governo ad Atene. Oppure, in mezzo ai due risultati estremi: l’estensione dell’attuale programma di aiuti.
Le voci ad Atene e Bruxelles per una volta coincidono e se ci fosse da scommettere, la quota meno remunerata sarebbe quella sul prolungamento del programma. In sostanza un rinvio.
Ma anche sui tempi del posticipo non c’è intesa e la politica nazionale ha un peso sproporzionato rispetto all’interesse comune sulla moneta unica. Per la Grecia l’ideale sarebbe arrivare sino a metà 2016. In questo modo avrebbe il tempo di mettere in pratica le proprie riforme e cominciare a raccoglierne i frutti.
Con l’attuale surplus di bilancio e con i 7 miliardi (più due) che arriverebbero in caso di estensione del programma di aiuti, Atene non avrebbe difficoltà né ad onorare gli impegni con i creditori né a pagare stipendi e pensioni fino al luglio 2016. I creditori non sono propensi, però, a concedere tanto tempo. Per la Banca Centrale di Mario Draghi non sarebbe un problema, ma per il Fondo Monetario Internazionale e la Commissione sì. L’Fmi è pressato dai suoi componenti in crescita (Brics su tutti) perché si sfili dal ginepraio europeo. La Commissione Europea presieduta da Jean-Claude Juncker è influenzata da tutti i Paesi membri e molti, per ragioni di politica interna, non vedono di buon occhio ulteriori concessioni alla Grecia.
In particolare la Spagna vivrebbe molto male l’eventuale successo greco. In gennaio il premier Mariano Rajoy era volato ad Atene per sostenere l’allora primo ministro greco poi sconfitto da Tsipras. Nel fianco di Rajoy c’è la spina di Podemos, il partito che come il greco Syriza si oppone all’austerity.
Un momento di tensione in Grecia alla vigilia delle elezioni generali spagnole di novembre sarebbe una benedizione per Rajoy. La paura per politiche mai sperimentate prima potrebbe portare quei due tre punti di consenso in più utili alla riconferma. Non di soli bilanci vive l’euro.