venerdì 19 giugno 2015

Corriere 19.6.15
Ieri il «porto delle nebbie»
Ora la toga prudente Pignatone arbitro dei destini del Comune
di Giovanni Bianconi


ROMA Al tempo della Prima Repubblica, secondo il «manuale Cencelli» che regolava la spartizione dei posti tra le correnti democristiane, la Procura di Roma valeva due o tre ministeri. Perché garantiva stabilità, attraverso il controllo sui controllori del potere, al punto di guadagnarsi la nomea di «porto delle nebbie». Molte cose sono cambiate da allora. Dopo la Prima Repubblica è arrivata la Seconda, forse si annuncia la Terza, e l’ufficio di Piazzale Clodio sembra diventato improvvisamente l’epicentro di un terremoto. Che ha già fatto cadere una giunta regionale, adesso fa tremare il Campidoglio e qualcuno teme anche per Palazzo Chigi.
Il paradosso è che tutto questo avviene sotto la guida di Giuseppe Pignatone, approdato nella capitale da Reggio Calabria dopo una carriera spesa in Sicilia, con la fama di magistrato prudente. Al punto di essere raffigurato come l’antitesi rispetto ai pubblici ministeri a caccia di trame occulte, come quelle sulla trattativa fra lo Stato e la mafia. Dimenticando, o senza dare troppo peso, al fatto che in Sicilia le indagini da lui coordinate avevano provocato la crisi della giunta Cuffaro (e alla condanna definitiva dell’ex governatore), mentre a Reggio il consiglio comunale fu sciolto per infiltrazioni di ‘ndrangheta. Ora, lui che rappresentava l’emblema del pm consapevole dell’effetto extragiudiziario delle proprie azioni, viene additato come nuovo capofila del contropotere in toga che assedia i palazzi della politica.
A Roma il procuratore ha portato un gruppo di investigatori esperti nel contrasto a cosche e ‘ndrine, ma soprattutto un metodo investigativo che prevede organizzazione e determinazione nella ricerca delle prove. Fascicoli sugli stessi temi ma smembrati tra magistrati e polizie diverse sono stati riuniti, si è razionalizzata la distribuzione del lavoro e un più esteso utilizzo delle intercettazioni ambientali ha cominciato a dare frutti anche nel sottobosco che prospera nella Capitale. Le microspie hanno condotto gli inquirenti nel «Mondo di mezzo» di Carminati e Buzzi, ma anche in altre realtà di Pubblica amministrazione corrotta e criminalità varia. Ne sono venuti fuori Mafia Capitale e i rapporti con la politica, con conseguenze imprevedibili sul governo della città.
Del reato di associazione mafiosa affibbiato a quell’intreccio politico-imprenditorial-malavitoso si discuterà all’infinito, anche dopo il processo non ancora cominciato, ma intanto Pignatone ha già incassato un timbro della Cassazione. E prima di trarre le proprie conclusioni sull’ipotesi dello scioglimento del Comune per mafia, il prefetto Gabrielli dovrà ascoltare il suo parere.
Verosimilmente il procuratore si muoverà sulla linea esposta alla commissione Antimafia dopo la prima ondata di arresti: «Secondo me è stata estremamente drammatica la presenza di appartenenti all’associazione, e di persone collegate in modo stretto a Carminati e agli altri, ai vertici dell’apparato burocratico e amministrativo del Comune per alcuni anni. Questo è cessato con il cambio di giunta. Ho definito pesante la presenza di Buzzi, ma non è detto che debbano trarsi conseguenze su tutti quelli che hanno avuto a che fare con lui».
Come dire che certi condizionamenti possono essere continuati anche dopo la giunta guidata da Alemanno (inquisito lui stesso per mafia), ma ai consiglieri comunali nell’epoca di Marino arrestati oranon è stata contestata l’associazione e nemmeno l’aggravante del favoreggiamento alla mafia. Se ne può desumere che sul destino del Campidoglio Pignatone terrà un atteggiamento prudente, che in realtà non ha mai abbandonato nonostante le impressioni esterne .
Quello che ne verrà fuori si vedrà. Ma chi si stupisce di certi esiti della nuova gestione della Procura farà bene a ricordare quel che di Pignatone disse uno che di indagini ha una certa esperienza; nel gennaio 2012, all’indomani della nomina ma prima che il neoprocuratore si insediasse, Massimo Carminati, già intercettato benché non ancora inquisito per associazione mafiosa, confidò preoccupato ai suoi amici: «Questa è una persona che non gioca. Tira brutta aria. Questo butta all’aria Roma. Ha cappottato tutto in Calabria. Non si fa ingloba’ dalla politica».