venerdì 19 giugno 2015

Corriere 19.6.15
Un esecutivo obbligato ad arginare il logoramento
di Massimo Franco


Il paradosso si ripropone su ben tre fronti. Comunque le si osservi, le difficoltà di Matteo Renzi provengono dal suo partito. Sia che si analizzi il caso di Mafia Capitale, o quello del presidente della Campania, Vincenzo De Luca, o ancora le convulsioni parlamentari sulla scuola, è il Pd a scaricare su Palazzo Chigi e sul Paese i suoi problemi. Gli stessi risultati elettorali delle Regionali e dei ballottaggi rimandano ai contrasti dentro quella che è la forza-perno della coalizione; ma è anche il maggior focolaio potenziale di instabilità e di precarietà. Probabilmente non sarebbe così, se le prospettive dell’economia fossero positive. La ripresa è ancora troppo debole, invece, e insidiata dalla crisi greca e dalla disoccupazione. Il presidente del Consiglio sa che per raccogliere qualche frutto bisogna aspettare il 2016. Le riforme costituzionali mostrano che «il cammino è ancora lungo», ammette; e quelle del mercato del lavoro richiedono tempo, per avere effetto. Il problema è se la tabella di marcia di Palazzo Chigi non sia piegata da fattori esterni verso esiti imprevedibili. L’emergenza dell’immigrazione, e soprattutto l’approssimazione con la quale è stata gestita finora, è, se non «il» problema, uno dei più spinosi. Sottolinea i limiti della diplomazia italiana e del suo peso in un’Europa schiava dei nazionalismi e del ricatto populista. Il modo in cui le opposizioni attaccano il governo dimostra che lo considerano più debole. Ma il premier potrebbe manovrare con più tranquillità, se non si fosse spalancato un fronte a sinistra; e se il Pd non fosse intrappolato in due vicende intricate come quella del Campidoglio e della Campania.
Sono realtà nelle quali il partito è vincente in termini di voti ma in affanno nel rapporto con l’opinione pubblica e con la magistratura. Ieri De Luca è stato proclamato presidente della Regione, aprendo la partita della sua sospensione dalla carica, in quanto condannato in primo grado. Conta poco che si tratti di reati non gravi. Il problema è che difficilmente Renzi potrà non sospenderlo: anche perché esponenti della minoranza come il presidente dell’Antimafia, Rosy Bindi, si sono scontrati con De Luca al tempo delle liste e chiedono a Renzi di intervenire. Quanto a Roma, il sindaco del Pd è assediato da un’inchiesta sulle infiltrazioni criminali nell’amministrazione. E sebbene Ignazio Marino ne sia fuori e sia presentato dal vertice del Pd come un baluardo contro il malaffare, si è aperta una crepa tra lui e Renzi. Il vicesegretario Guerini assicura che il premier non vuole delegittimarlo. E il ministro Graziano Delrio è contro un suo passo indietro, mentre si discute di scioglimento col voto rinviato di un anno. Il quadro politico-giudiziario è questo, in attesa che qualcuno sia in grado di restituirgli una logica .