Corriere 18.6.15
Una donna guida la comunità ebraica «Segnale di civiltà contro i bigotti»
di Paolo Conti
Si descrive così: «Sono un’imprenditrice, ma preferisco definirmi una brava mamma ebrea». Un ruolo che si ritrova nella definizione del suo impegno: «Dedicarsi alla Comunità significa lavorare per il nostro futuro, dunque per i nostri figli e nipoti, e per i figli dei nostri nipoti». C’è, insomma, sempre di mezzo l’idea della famiglia, base della Comunità. Perché assicura la continuità.
Sul carattere delle madri ebree hanno discettato in mille opere narratori e cineasti (uno per tutti, Woody Allen). Ed era forse ora che una solida madre ebrea guidasse la Comunità romana, interrompendo una lunga tradizione tutta al maschile. Ruth Dureghello ha 48 anni, un metro e sessanta di altezza e capelli rossi, una madre romana da generazioni e un padre veneziano, un marito e due figli di 19 (maschio sotto maturità) e 18 (figlia liceale impegnata in studi di lingua cinese a Pechino), un carattere pragmatico che per istinto (così sostiene lei con gli amici) «guarda più alla soluzione che ai problemi». Forse il tutto le deriva dalla sua concretissima laurea in giurisprudenza, in diritto tributario, con il professor Augusto Fantozzi.
Martedì 23 giugno si riunirà il Consiglio e Ruth Dureghello diventerà la nuova presidente della Comunità ebraica, succedendo alla storica figura di Riccardo Pacifici (22 anni di presenza nella vita della Comunità e sette di presidenza). Dovrà dare vita a una coalizione perché la sua lista «Per Israele», apertamente sorretta da Pacifici, ha sfiorato il 45% dei voti espressi con il 44.05% (il 36,2% dei 10.885 iscritti alle liste) e quindi non ha raggiunto il premio di maggioranza (comunque lei è raggiante: «È stato un risultato strepitoso e un gran lavoro di squadra»). Conterà su dodici consiglieri, contro i sei della lista «Israele siamo noi» di Fiamma Nirenstein, gli altri sei di «Menorah», pilotata da Maurizio Tagliacozzo e le tre consigliere di «Binah», lista tutta al femminile guidata da Claudia Fellus. Ma se Dureghello guarderà davvero più alla soluzione che al problema, la strada per la presidenza non sarà difficile.
Uno dei punti-chiave del programma della nuova presidente è il forte sostegno allo Stato di Israele, l’impegno a mantenere legami con le famiglie che si trasferiscono lì e incentivi allo studio della lingua ebraica. In quanto al retaggio di Pacifici, ne parla come di un esponente «geniale, sempre sorprendente, inimitabile, spero di ereditarne in parte la generosità». Ma lei è lei, è e resterà Ruth.
La questione della presidenza «al femminile» fa sorridere l’interessata, convinta com’è che la questione non sia «tra vecchi e giovani, per esempio, o tra uomini e donne ma tra chi può o non può sostenere un ruolo di responsabilità. La discriminante è la qualità del lavoro». Ma comunque riconosce che l’arrivo di una donna al vertice della più antica Comunità ebraica della Diaspora (duemila anni di storia) sia un segno di civiltà «contro fondamentalismi, bigottismi, estremismi, manierismi, o limitazioni». Ruth solida madre ebrea, e di carattere, s’è detto. Per di più romana di nascita. Ed ecco la riprova.
Il suo approdo alla presidenza non è traumatico. Non parliamo, insomma, di una neofita gettata allo sbaraglio organizzativo: è reduce prima dal Consiglio dell’Unione delle comunità ebraiche e poi da due mandati come assessore alla Scuola della Comunità. Ha insomma governato e impegnato ben cinque milioni di euro per le scuole ebraiche romane, dalle elementari alle superiori: un migliaio di iscritti. Si tratta di poco meno della metà del bilancio dell’autogoverno degli ebrei romani, prossimo ai 12 milioni di euro.
Infine, Dureghello assicura di voler continuare sulla linea di Pacifici. Cioè di pieno sostegno alle istituzioni italiane: «Io sono orgogliosamente italiana e amo molto il mio Paese. Gli ebrei rappresentano un valore aggiunto e sanno come mettersi a disposizione della Nazione. Lo hanno sempre saputo». Mamma Ruth lo sa per prima.