Corriere 12.6.15
Il gabinetto di guerra di Renzi: cercano di colpirci, resistiamo
Ora acceleriamo sulle riforme
di Maria Teresa Meli
ROMA Matteo Renzi non sembra sottovalutare la situazione, ma non intende nemmeno drammatizzarla oltre misura. Anche perché il premier è convinto, e lo ha spiegato ai fedelissimi prima del Consiglio dei ministri di ieri che «il Nuovo centrodestra non uscirà dalla maggioranza di governo»: «Non ci toglieranno il loro appoggio».
L’inquilino di palazzo Chigi ha riferito che «Alfano sta lavorando per tenere unito tutto il partito», perché effettivamente ci sono delle difficoltà, dal momento che un pezzo di Ncd vorrebbe ricongiungersi già adesso con Silvio Berlusconi. Per questa ragione l’uscita di Matteo Orfini, che ha già anticipato il «sì» del Partito democratico all’arresto di Azzollini è stata giudicata un po’ improvvida.
Il presidente del Pd ha poi fatto una parziale rettifica. La posizione ufficiale è quella che lo stesso premier ha stabilito e che tutti i dirigenti del Pd a lui legati ieri ripetevano suppergiù con le stesse parole: «Prima si guardano le carte e poi si decide, senza fare sconti a nessuno, come non ne abbiamo fatti nemmeno ai nostri parlamentari».
In realtà il «via libera» all’arresto da parte del Pd appare scontato. In questo clima in cui il partito è sempre di più nell’occhio del ciclone per gli scandali romani (tant’è che ieri alla Camera girava addirittura la voce di un possibile commissariamento della capitale) diventa difficile dire di no. Ma in questa fase delicata in cui lo stesso presidente del Consiglio sta lavorando per evitare che il Nuovo centrodestra deflagri non è il caso di anticipare in maniera troppo netta l’atteggiamento futuro del Partito democratico. Si rischierebbe di assistere prima del tempo a quell’esplosione del Ncd che in molti, nel Pd, ritengono inevitabile e che ritengono avverrà solo verso la fine della legislatura, quando una fetta di quel partito andrà con il centrodestra, mentre un altro pezzo, invece, come la ministra Beatrice Lorenzin (ma anche tanti altri), per esempio, sceglierà di restare con Renzi.
Il premier, comunque, è certo che il «governo terrà». Che non ci sarà bisogno del gruppo dei cosiddetti «verdiniani» al Senato per andare avanti. Anche perché, se così fosse alcuni renziani spiegavano ieri che a quel punto, piuttosto che tirare a campare, sarebbe inevitabile passare al piano B. Ossia alle elezioni anticipate. Con l’Italicum alla Camera e il Consultellum al Senato. Anche in questo caso, secondo i calcoli fatti al Nazareno, il Pd avrebbe la maggioranza e il premier avrebbe un folto gruppo di parlamentari che rispondono direttamente a lui.
Ma non è su questa ipotesi, che pure ieri circolava nei capannelli renziani, che ieri il presidente del Consiglio si è voluto soffermare con i suoi collaboratori prima di affrontare la riunione del Consiglio dei ministri, visto che Renzi è convinto di riuscire a «spuntarla». Tant’è vero che ha già fatto fissare per martedì prossimo l’elezione del nuovo capogruppo della Camera (Ettore Rosato).
In quello che si potrebbe definire una sorta di gabinetto di guerra, il leader del Partito democratico ha tirato le somme di quanto sta succedendo e ha delineato le prossime mosse: «Preparatevi, perché sarà ancora molto lunga. Stanno cercando di colpirci con gli scandali e amplificando l’emergenza immigrati, ma noi resisteremo e andremo avanti con maggior decisione di prima. Certo, di errori, nella comunicazione e nell’azione del governo ne abbiamo fatti anche noi, ma ora li abbiamo capiti e quindi siamo pronti a cominciare a dare delle risposte e delle soluzioni alle richieste che ci vengono dagli italiani».
Perciò, per il presidente del Consiglio, «l’unica è andare avanti, con maggiore determinazione di prima sulle riforme».
Quali? Intanto Renzi non ha affatto abbandonato l’idea di riuscire a portare a termine quella della buona scuola. La minoranza del Partito democratico sembrerebbe propensa a non alzare troppo le barricate. «Sia loro che il sindacato — ha spiegato il premier ai suoi — non vogliono accollarsi la responsabilità di non far assumere centomila precari». E pare che anche sulla riforma della Rai la minoranza interna del Pd non presenterà una messe di emendamenti con il solo scopo di bloccare quella legge.
La battaglia campale, dentro il Partito democratico, verrà ingaggiata su un altro terreno, quello della riforma costituzionale. Lì la minoranza punta non solo a far cambiare radicalmente il disegno di legge Boschi, ma anche a farlo rinviare a dopo l’estate. Il presidente del Consiglio è a conoscenza di questo obiettivo e, almeno per il momento, non sembra intenzionato a usare il pugno di ferro.
Adesso gli premono maggiormente altre riforme: «La semplificazione del fisco, la velocizzazione dei tribunali, la riforma della Pubblica amministrazione». E poi l’obiettivo più ambizioso di tutti, quello confidato ai fedelissimi e su cui ha già messo al lavoro un team di esperti: «Trovare il modo di tagliare le tasse».