giovedì 7 maggio 2015

Repubblica 7.5.15
E ora scatta l’operazione per costruire l’Ulivo 2.0
Renzi: “Pippo non porta voti”
di Goffredo De Marchis


ROMA Per Matteo Renzi, Civati non porterà con sé l’elettorato di sinistra. La preoccupazione del premier infatti sono sempre i voti e molto dopo vengono le scissioni di parlamentari. A Palazzo Chigi semmai dicono che «una sofferenza a sinistra ce l’abbiamo già. È quella che si è manifestata nello sciopero della scuola, che esiste nel rapporto col sindacato e con i contestatori del Jobs Act». Ma proprio per questo è meglio non tirare la corda, anche con Civati. L’ordine di scuderia ai dirigenti del quartier generale è non attaccare l’ex sfidante delle primarie. Perché le regionali incombono e Renzi punta a un successo pieno. Per questo l’importante è non rompere l’unità.
Il campo lasciato libero dal potenziale “partito della nazione” è però destinato a riempirsi con una Cosa nuova: L’Ulivo 2.0, una versione allargata di Sel, la coalizione sociale di Maurizio Landini. Nichi Vendola è già pronto al grande passo di sciogliere la sua formazione. Il punto è: quanti della minoranza del Pd seguiranno il deputato in uscita? Il vicesegretario Lorenzo Guerini è convinto: «Nessuno. Il che non vuol dire che non mi dispiaccia l’addio di Pippo». Civati ha parlato con Pier Luigi Bersani due giorni fa. Un lungo faccia a faccia. Gli ha spiegato le sue ragioni, ma non ha fatto breccia per organizzare una scissione corposa dentro il Pd. L’ex segretario comunque lo ha benedetto con l’amarezza che vive ormai da molti giorni a questa parte. «Fai bene a costruirti un futuro altrove».
C’è un solo strappo a sinistra che Renzi soffrirebbe davvero: è quello di Bersani, che gode di un credito profondo in una larga fetta del popolo Pd. Sarebbe più doloroso di Civati, sempre in termini di consenso, l’addio di Stefano Fassina. «Perché - dice un renziano - la legge elettorale non è un tema sentito dalla gente. Anzi, la base ci ha sempre detto di andare avanti. Diverso è il discorso sul sindacato e sul lavoro». Ma Fassina resta al suo posto, seppure a disagio. Così come Alfredo D’Attorre o Roberto Speranza. «Finchè c’è uno spazio il mio partito è il Pd - dice D’At- torre - e proverò a cambiare le cose qui dentro. Ma sono sicuro che Civati esprima il malcontento di una parte larga della base».
Il banco di prova per una scissione meno avventurosa sono le elezioni regionali del 31 maggio. È lo stesso banco di prova del governo Renzi. I possibili sostenitori di una Cosa rossa attendono l’esito del voto. E anche del non voto perché in alcune regioni ci si attende un astensionismo record pari a quello dell’Emilia- Romagna. Persino al Sud, ad esempio in Puglia. Si vuole così misurare il margine elettorale diffuso o meno di un nuovo partito, il bacino eventuale di un’operazione al lato di Renzi. Ecco questa prospettiva è più allarmante, dicono a Palazzo Chigi, dell’uscita, per il momento solitaria, di Civati. Ma il voto no, è un’altra storia. E l’ex sfidante può giocare la sua partita anche alle regionali in Liguria dove corre Luca Pastorino che condivide la sua linea, dove i renziani hanno puntato tutto sulla Paita e dove il Pd si gioca parecchio perché è una regione che già governava.
Dunque la battaglia interna passa non per la riforma del Senato o per la buona scuola ma per l’appuntamento del 31. «Penso che sia urgente fare un nuovo soggetto politico e che sia urgente lavorarci subito», avverte il coordinatore di Sinistra ecologia e libertà Nicola Fratoianni, spiegando che si aspetta di arrivarci dopo le regionali, intorno a giugno. Quella è la dead line. «Non una lista elettorale — precisa — come è capitato troppo spesso negli ultimi anni. Noi siamo a disposizione, mettiamo a disposizione gli strumenti parlamentari, i gruppi, il partito. Non proponiamo a chi esce dal Pd o a chi eventualmente uscirà prossimamente di aderire a Sel ma di fare insieme una cosa nuova, a cominciare dai gruppi parlamentari, a riformarne la struttura e il nome ». Vendola dunque fa sul serio «Sta succedendo qualcosa anche nel Paese», dice Fratojanni, «la manifestazione di ieri lo dice, c’è una larga domanda di rappresentanza».