Repubblica 3.5.15
Anthony Giddens
“Mai così divisi di fronte alle urne il Regno Unito rischia la paralisi”
“Finora gli elettori si distribuivano fra i due movimenti maggiori: ora con la crisi economica e la crescita dell’indipendentismo è diverso”
intervista di Enrico Franceschini
LONDRA . — «Un’elezione senza precedenti per la Gran Bretagna, con un voto frammentato e diviso tra mezza dozzina di partiti e un serio rischio di paralisi per il paese ». E’ la previsione di Anthony Giddens, il sociologo della “Terza Via”, la svolta riformista che portò al potere Tony Blair negli anni ‘90, ex-direttore della London School of Economics e membro della camera dei Lord.
Professor Giddens, come giudica la campagna elettorale che si sta concludendo?
«Direi che Miliband si è comportato piuttosto bene, non è un comunicatore naturale come Blair ma la battaglia politica lo ha migliorato. Cameron ha fatto probabilmente male a non partecipare a tutti i dibattiti tv e ha dato l’impressione di cercare di rimontare, mostrando più passione, nelle ultime settimane. I sondaggi indicano che, come competenza economica e capacità di leadership, la gente continua a preferire il premier conservatore al leader laburista. Anche questo può pesare».
Qual è l’aspetto più significativo di questa sfida politica?
«Il fatto che non c’è mai stata in Gran Bretagna un’elezione simile. I due maggiori partiti si sono divisi tra loro la maggior parte dell’elettorato per gran parte della nostra storia. Oggi siamo davanti a una frammentazione del voto tra almeno mezza dozzina di partiti. E’ del resto un fenomeno non solo britannico, ma presente anche in altri paesi europei».
I dati economici sono positivi: Pil in crescita, disoccupazione in calo, la Borsa in ascesa. Il partito di governo dovrebbe vincere a mani basse: perché invece c’è grande incertezza?
«Perché i frutti della ripresa economica sono andati in grande misura all’1 per cento più ricco della popolazione. I salari non sono cresciuti, lo standard medio di vita non è tornato ai livelli di prima e i tagli alla spesa pubblica hanno peggiorato servizi essenziali come la sanità pubblica. Inoltre la crisi finanziaria del 2008 ha lasciato un grande risentimento nei confronti dei banchieri e delle classi privilegiate, con cui Cameron viene identificato».
Lei che cosa prevede?
«A meno di sorprese dell’ultima ora, nessun partito potrà governare da solo. Sarà necessario formare un governo di coalizione, come nella legislatura che sta concludendosi. Ma non è chiaro se i liberaldemocratici sarebbero di nuovo disposti ad allearsi con i conservatori, né se una simile alleanza avrebbe abbastanza voti per raggiungere la maggioranza assoluta. Sul fronte opposto, i laburisti hanno più chances di arrivare a una maggioranza assoluta alleandosi con libdem e partito nazionalista scozzese, ma l’appoggio anche solo dall’esterno di quest’ultimo verrebbe vissuto in Inghilterra come una sorta di ricatto da parte di un partito il cui fine ultimo è la secessione. In un caso e nell’altro, il nostro paese potrebbe rimanere paralizzato».
E la Scozia come reagirebbe?
«Se i conservatori giudicheranno illegittimo un governo sostenuto dagli scozzesi, gli scozzesi saranno ancora più determinati a ottenere l’indipendenza. E un’indipendenza della Scozia avrebbe effetti destabilizzanti nel resto d’Europa».
Sullo sfondo rimane la questione del referendum sull’Unione Europea che Cameron ha promesso di indire nel 2017, se sarà rieletto.
«Questa mi pare al momento un’ipotesi più fragile. Un governo guidato dai laburisti non farebbe il referendum. E una debole coalizione di governo guidata dai conservatori potrebbe non avere in parlamento i voti necessari a indire il referendum». (e. f.)