Repubblica 22.5.15
La scrittrice Catherine Dunne
“Il nostro paese è cambiato prossima battaglia l’aborto”
intervista di E. F:
DUBLINO «SE noi riusciremo a dire di sì al matrimonio gay è il segno che in Europa possono farlo tutti». Catherine Dunne spera che succederà: lei è certamente favorevole. «L’Irlanda è cambiata, non è più succube del cattolicesimo », dice la grande scrittrice di Dublino, di cui è appena uscito in Italia l’ultimo romanzo, Un terribile amore ( pubblicato come tutti i suoi libri nel nostro paese da Guanda), pur conservando qualche timore che il referendum possa riservare sorprese.
Cosa pensa del referendum, signora Dunne?
«Sono naturalmente a favore e spero che sarà un’occasione di dimostrare che l’Irlanda è cambiata rispetto al passato, è più moderna e più inclusiva. Mi auguro che venga approvato, anche se, a dispetto dei sondaggi, non ne sono ancora certa, a dispetto del fatto che, perlomeno sulla carta, i sì alla nuova legge abbiano il sostegno di tutti i nostri partiti politici. Nel nostro Paese è già successo che i referendum abbiano riservato delle sorprese».
La percezione dall’esterno è tuttavia di un grande cambiamento: questo era il paese più cattolico e tradizionalista d’Europa, non lo è più?
«È vero non siamo più l’Irlanda di un tempo, per fortuna. Ci sono stati grandi cambiamenti sociali, sospinti in particolare dalle nuove generazioni, ma anche dal progresso economico, da un maggiore benessere, dalla globalizzazione. Per certi versi è un paese irriconoscibile rispetto a quello in cui io sono nata».
Non si sente più l’influenza della chiesa cattolica?
«Si sente ancora, ma molto meno di un tempo. Gli scandali sugli abusi sessuali all’interno di monasteri, conventi e istituti ecclesiastici hanno contribuito a distaccare il nostro paese dalla chiesa. Come ho già detto, il boom economico degli Anni ‘90 è un altro fattore che ha contribuito a mutare la nostra società, a renderla più laica, meno conservatrice e tradizionalista e questo si riflette anche nel rapporto con la fede, rispettabilissimo da parte di chi è religioso, ma senza che la religione imponga a tutti il suo codice morale».
Adesso avete il divorzio, infatti, ma non ancora una legge sull’aborto.
«Quella rimane una questione molto delicata, che divide ancora profondamente la nostra società. Tranne in casi eccezionali, l’aborto non è consentito e le donne che vogliono praticarlo devono andare all’estero, in Gran Bretagna. Ma spero che col tempo anche questo diritto delle donne verrà attuato».
Il referendum è il riflesso della fine delle discriminazioni contro i gay in Irlanda?
«Le discriminazioni ci sono ancora e la campagna del referendum lo ha dimostrato, non sono mancati episodi di questo tipo. Omosessuali e lesbiche possono ancora essere oggetto di commenti negativi o addirittura di episodi di bullismo, se vengono identificati per strada, in particolare in provincia o in campagna ma pure nella capitale Dublino. Tuttavia è innegabile che è stata fatta molta strada rispetto alla situazione che esisteva una volta. E questa legge sul matrimonio gay, se come spero passerà, potrà ulteriormente contribuire al progresso e alla lotta contro la discriminazione sessuale nel nostro paese. Dando un segnale, magari, anche ad altre nazioni. Se l’Irlanda saprà dire di sì alle nozze gay è il segno che in Europa potranno farlo tutti». ( e. f.)