Repubblica 21.5.15
Fassina (PD)
“Dovrò uscire dal partito se a Palazzo Madama non sarà modificata davvero”
I voti alle europee ricevuti su aspettative indefinite e ambigue su lavoro o scuola
La mia uscita? Tra il popolo dem e il partito di Renzi, scelgo il primo
intervista di Giovanna Casadio
ROMA «Veramente in piazza è stato contestato il Pd, non il sottoscritto». Stefano Fassina, uno dei leader della sinistra dem, è appena tornato dalla piazza in aula a Montecitorio. Non vota la riforma della scuola.
Fassina, i manifestanti le hanno gridato “lascia il Pd”. È arrivato il momento?
«Il passaggio ora al Senato del disegno di legge sulla scuola è decisivo per verificare se è reversibile lo spostamento del Pd dopo la svolta liberista sul lavoro e il segno plebiscitario sulla democrazia».
Rimanda la sua uscita. Ma è più fuori che dentro?
«Tra il popolo dem — abbandonato da un Pd geneticamente modificato — e il partito di Renzi, scelgo il primo».
Perché lega il suo addio al Pd alla riforma della scuola? La giudica una riforma di destra?
«Bisogna essere cauti nell’uso del termine riforma che ha perso il significato progressista avuto in una parte del Novecento. Temo che parlare di riforma della scuola sia improprio come lo è stato per la legge Fornero sulle pensioni, per la legge sul mercato del lavoro di Sacconi. Il ddl scuola, concentrando i poteri di chiamata dei docenti sul dirigente scolastico, incide sulla libertà di insegnamento. Senza un piano pluriennale di assunzione degli insegnati precari riproduce il dramma degli esodati».
Spera sia modificato al Senato?
«Assolutamente sì. Nonostante la contrarietà netta di alcuni di noi, per organizzare l’area del dissenso, in più di 30 non abbiamo partecipato al voto. Abbiamo rafforzato la battaglia al Senato unendo la minoranza dem».
Quali cambiamenti si aspetta?
«Su tre punti: cancellare i poteri dei presidi di chiamare e rimuovere dall’incarico i docenti; introdurre un piano pluriennale di assunzione degli insegnanti precari connesso con le uscite di pensionamento quindi senza oneri aggiuntivi; eliminare la detrazione fiscale per le secondarie superiori private».
Però potrebbe avere l’ok con l’appoggio di Verdini e company?
«Deve passare con i voti di tutto il Pd e dell’attuale maggioranza. Sarebbe altrimenti un fatto politico grave».
Il suo è un ultimatum?
«È una presa d’atto. Il programma elettorale votato da 8,6 milioni di elettori può essere archiviato da 2 milioni di voti al congresso del Pd? Il 40% di voti raccolti alle elezioni europee sono stati ricevuti dal Pd su aspettative indefinite e ambigue senza riferimenti specifici su lavoro o scuola. La contraddizione tra il mandato elettorale che ci è stato dato e il programma del governo Renzi, senza legittimazione elettorale, è questione rilevante di democrazia o capriccio del sottoscritto? Una parte del popolo dem si è allontanato, il Pd raccoglie sempre di più i voti dell’establishment e occupa lo spazio presidiato in Europa dalle destre merkeliane assenti in Italia».