mercoledì 20 maggio 2015

Repubblica 20.5.15
Lo scienziato di Berkeley
“Qui creiamo la penna rossa che corregge gli errori del Dna”
intervista di F. Ramp.

IL GENETISTA Jacob Corn, direttore scientifico della Innovative Genomics Initiative

BERKELEY «NOI parliamo di uno scalpello molecolare per interventi mirati sul Dna, l’acido che contiene le informazioni genetiche. Ma è una terminologia da addetti ai lavori. Allora le faccio questo esempio: finora avevamo imparato a leggere il Dna umano, e basta. Ora stiamo per imparare a editarlo. Stiamo costruendo la penna rossa con cui correggeremo i suoi errori». Jacob Corn mi accoglie in un edificio modernissimo e sontuoso, il Li Ka Shing Center donato all’università di Berkeley dal celebre capitalista di Hong Kong (secondo l’agenzia Bloomberg «l’uomo più ricco d’Asia con 32 miliardi di patrimonio»). Corn è direttore scientifico della Innovative Genomics Iniative, che ha qui uno dei suoi maggiori centri di ricerca. In questa intervista spiega il balzo in avanti delle terapie genetiche.
Ora che avete la “penna rossa”, cosa diventa possibile, che prima non lo era?
«Prendiamo l’esempio di un bambino nato senza immunità, male raro e gravissimo. Finora bisognava trapiantargli il midollo osseo, con innumerevoli difficoltà e rischi di rigetto. Ora potremo prelevare cellule dal suo midollo osseo, editarle, cioè aggiustarle, e poi trapiantargli il suo stesso midollo osseo. Progressi analoghi li vedo dalla distrofia muscolare all’anemia mediterranea. Ho fatto solo questi pochi esempi. Sugli elenchi di centinaia e centinaia di malattie oggi incurabili, la nostra ambizione è di cancellarne tantissime».
È uno scenario proiettato su un futuro lontano?
«No, le sto parlando di cose che possono accadere anche in un paio d’anni, dalla fase di ricerca attuale fino ad arrivare ai pazienti. E anche i costi di queste cure sono destinati a precipitare, dalle migliaia di dollari scenderemo a poche centinaia ».
I non addetti ai lavori hanno sempre il sospetto che dietro questi annunci ci sia la mano di Big Pharma, il potente capitalismo farmaceutico americano...
«E invece qui siamo di fronte al trionfo della ricerca pura, la ricerca di base, fatta da gente come me, o dalla mia capa Jennifer Doudna. Noi siamo partiti dalla curiosità scientifica, di chi cerca di capire come funziona la natura. Del resto non a caso siamo a Berkeley che è un’università pubblica, un’istituzione non-profit. Qui dentro addestriamo a fare ricerca anche gli studenti dei primi anni, alleviamo una nuova generazione di scienziati, facciamo anche la formazione di base».
Ma non c’è anche una cooperazione con l’industria?
«Certo, e ne vediamo i benefici, soprattutto nell’indicarci alcune delle domande più diffuse tra i pazienti. Vede, noi che lavoriamo dentro i centri di ricerca non sappiamo necessariamente quanti malati ci sono là fuori, di quali malattie ».
L’altro sospetto che vi insegue è... Frankestein. Qui dentro state preparando l’essere umano perfetto, la creatura studiata in laboratorio, l’esperimento mostruoso dell’eugenetica?
«No, per la semplice ragione che l’editing genetico di cui le parlo non è trasmissibile, non è ereditabile. Ci occupiamo solo di curare malattie. E la Food and Drug Administration, l’authority sui farmaci, ci controlla passo dopo passo».