domenica 17 maggio 2015

Repubblica 17.5.15
Morsi condannato a morte
Così il raìs chiude il cerchio
di Renzo Guolo


LA CONDANNA a morte di Morsi chiude il cerchio della grande repressione egiziana. Prima è stata decapitata la leadership religiosa dei Fratelli Musulmani.
DIFATTI , alla guida spirituale Mohammed Badie era già stata inflitta la pena capitale. Adesso, il regime di Al Sisi si prepara a innalzare il patibolo anche per la leadership politica. Con il deposto ex presidente, eletto democraticamente e poi rimosso dalla doppia tenaglia della protesta popolare e dei cingoli dei tank, sono stati condannati anche il numero due Khairat al-Shater e il segretario generale Mohammed el-Beltagi, oltre che un centinaio di quadri del movimento.
Al Sisi sembra dunque percorrere sino in fondo la via della eradicazione dell’islam politico. Anche, o tanto più, quello neotradizionalista della Fratellanza, che in riva al Nilo le stellette temono per il suo radicamento religioso e sociale. Così come prosegue, senza indugio, la restaurazione del potere militare, divenuto inattaccabile anche all’esterno. Nel mondo arabo grazie all’alleanza con Arabia Saudita e i regimi che non hanno mai guardato con simpatia alle “primavere arabe”; nella comunità internazionale ormai convinta, in una logica tipica della realpolitik , che in nome della funzione di contenimento anti-Is dell’Egitto non sia il caso di andare troppo per il sottile davanti a procedure non certo assimilabili allo Stato di diritto. Solo la Turchia di Erdogan, governata dall’Akp, vicino alla Fratellanza e in rotta di collisione con il nuovo corso di Al Sisi, protesta contro la sentenza.
Lo stesso capo d’imputazione costato a Morsi la condanna capitale — la fuga nel corso di una rivolta carceraria nella quale hanno perso la vita degli agenti penitenziari avvenuta durante i convulsi avvenimenti che portarono alla caduta di Mubarak — marca la continuità con il regime precedente. Anche perché l’ex Raìs è stato assolto per la morte delle centinaia di manifestanti durante le proteste del 2011 e condannato a tre anni solo per aver dilapidato fondi pubblici. Un destino giudiziario così diverso, per gli ultimi due ex presidenti egiziani, che suggerisce messaggi inequivocabili sulla continuità con il passato.
La sentenza contro Morsi, così come avvenuto per Badie, dovrà passare al vaglio del Gran Mufti, suprema autorità giuridica in materia di pena capitale; ma anche quella decisione sarà appellabile. Alla fine deciderà, comunque, Al Sisi. Se la pressione internazionale, davanti a un verdetto che assume i tratti della sentenza politica, si farà sentire, l’uomo forte del regime potrebbe accontentarsi di vedere sepolti tra le sbarre i suoi nemici giurati. Se, invece, decidesse di andare sino in fondo, le conseguenze sarebbero assai gravi. Dalla fine degli anni Sessanta in poi la linea della Fratellanza è stata quella quietista di Hudaybi e non quella del teorico del jihad Qutb. Ma, oggi come allora, sotto il pesante maglio della repressione, parte della Fratellanza potrebbe ritenere giunto il tempo di imboccare la via delle armi. Sbocco da evitare in un contesto in cui il radicalismo alza la sfida con l’istituzione del Califfato e continua a fare proseliti.