sabato 16 maggio 2015

Repubblica 16.5.15
La sparatoria dal balcone a Napoli
Maurizio De Giovanni: “Il degrado non c’entra non siamo più capaci di riconoscere la follia”
di Conchita Sannino


NAPOLI . «Ora non venitemi a dire che questo massacro esplode per una lite sui panni da stendere». Le ossessioni invisibili che deragliano in tragedia, le nascoste nevrosi che sfociano nel sangue, lo appassionano da sempre. Maurizio De Giovanni, il giallista di culto, l’ex impiegato di banca diventato caso letterario, l’autore che ha dato vita al malinconico Ricciardi, commissario anni Trenta che “vede i morti”, o all’inquieto e contemporaneo ispettore Lojacono, stavolta però parla «da cittadino».
De Giovanni, se un infermiere incensurato si trasforma in un cecchino che spara dal balcone, non c’è altro colpevole?
«Non è vero, siamo tutti colpevoli. Una follia del genere non esplode senza segni. È impossibile che non ci sia stata mai una manifestazione di malessere. Dobbiamo dirci che non esiste più quello che chiamavamo “controllo sociale”. Chi è in grado, chi ha voglia, dal vicino di casa al familiare, di penetrare il grado di prostrazione in cui scivola una persona? Siamo attaccati alle tastiere, collegati col mondo ma, più di ieri, non sappiamo l’altro cosa abbia dentro. Frettolosi: perché in fondo scoprire quel pensiero costerebbe fatica, o disagio. Allora meglio parlare tanto, in 140 caratteri o con le faccine, e non aprirsi mai. Tutti presi da cose prevalentemente inutili da “taggare”, “postare”. Questa è la prima sensazione. Poi c’è un’altra riflessione da fare».
Si riferisce alle armi detenute legalmente?
«Sì, questo fa spavento. Noi non siamo in America, dove il modello delle armi per tutti è legato alle lobby di chi le vende. Io penso che non può bastare neanche una fedina penale pulita e una documentazione impeccabile a concedere la possibilità di avere un’arma. Dovrebbe accadere in casi molto rari, e su robuste motivazioni. Perché quel possesso implica l’elevata possibilità che il fucile a pompa o la pistola vengano usati, anche in un eccesso di legittima difesa. E soprattutto: chi è autorizzato dovrebbe essere sottoposto a controlli rigorosi, ma affidati a strutture sanitarie, ad esperti psichiatri. Si fa, questo? O la norma prescrive solo un burocratico rinnovo?».
De Giovanni, forse suona insolito, stavolta Napoli è uno sfondo come tanti?
«Di più, voglio essere drastico. Nessuno osi collegare questa strage allo stereotipo del degrado. Penso al carabiniere che nel cosentino uccise la moglie e si suicidò, alla madre albanese che a Lecco ammazzò i suoi tre figli. Napoli conta purtroppo, tra le sue anime, anche una strutturata dimensione criminale, ma qui non c’entra: qui assistiamo a una follia individuale, che esplode dentro quel deserto a cui somigliano sempre di più condomìni, metropoli. Con i disagi stipati sotto, nel fondo delle nostre vite iperconnesse».