venerdì 15 maggio 2015

Repubblica 15.5.15
L’Italia chiede il comando della missione anti-scafisti ma ora i militari frenano
Alfano: “Pronti ad assumere la leadership di azioni mirate sulle coste della Libia”
La Marina: “È solo uno degli strumenti, serve strategia per trattare con governi locali”
di Vincenzo Nigro


ROMA Non sarà facile far partire una missione militare contro i trafficanti di uomini in Libia. L’Italia, che si è fatta avanti per chiedere alla Ue di organizzarla e all’Onu di approvarla, si è offerta di comandarla e ospitare il quartier generale, come ha spiegato ieri il ministro Alfano («Pronti ad assumere la leadership di un piano militare energico contro gli scafisti: azioni mirate come è stato fatto in Somalia contro i pirati »). Ma nelle ultime ore, di fronte all’eventualità che una missione militare venga approvata, sono esplosi dubbi e incertezze.
A Palazzo Baracchini, sede del ministero della Difesa, i collaboratori del ministro Roberta Pinotti frenano le fughe in avanti belliciste: «Avete sentito cos’ha detto il presidente Mattarella, che tra l’altro è il capo supremo delle Forze armate? Non ci possono essere interventi in Libia senza richiesta delle autorità locali, e intorno a questa necessità bisogna ragionare e organizzare le cose nella maniera più opportuna, senza immaginare sbarchi o lanci di paracadutisti». In queste ore lo stato maggiore della Marina aggiorna e rivede i suoi piani, ma la verità è che la partita politica è ancora lunga, e di conseguenza gli uomini dell’ammiraglio Giuseppe de Giorgi hanno ancora troppe opzioni aperte prima di definire la loro tattica. Non è chiaro cosa verrà approvato, e soprattutto non è chiaro quale sia la strategia politica del governo italiano non soltanto sulla questione-migranti, quanto sulla guerra civile in Libia che è il quadro in cui si inserisce l’emergenza. Con quale milizia, con quale formazione politica allearsi? Quali le autorità politiche riconosciute? E se ci si appoggia a Tripoli come reagisce Tobruk?
Il meccanismo messo in moto a Bruxelles dal vertice del 23 aprile sta marciando. Ieri il ministro degli Esteri tedesco Steinmeier, al vertice Nato in Turchia (dove era presente anche Mogherini), ha detto di «non vedere opposizioni di Russia e Cina in Consiglio di Sicurezza su una missione anti-scafisti». La Russia aveva detto però che non intende dare luce verde a un’autorizzazione per colpire indiscriminatamente i barconi a disposizione degli scafisti, ma ciò in questo momento è quasi un aiuto dato a chi, soprattutto nella Marina Militare, sta lavorando per riportare con i piedi per terra la parte della politica più “interventista”. Dice un ammiraglio: «Nessuno può nemmeno immaginare di andare in villaggi di pescatori per far saltare decine e decine di barconi indiscriminatamente, ma non si può neppure pensare che atti di cri- minalità e pirateria continuino a essere perpetrati nel Mediterraneo senza che la comunità internazionale reagisca. Una modalità di azione può essere individuata, sapendo che l’azione militare è solo uno degli strumenti da utilizzare».
L’ammiraglio si riferisce chiaramente alle reazioni dei due governi libici (quello filo-islamico di Tripoli e quello filo-egiziano di Tobruk) alle notizie di possibili operazioni militari Ue/Onu. Tobruk, dove siede il Parlamento sostenuto dall’Egitto che arma il generale Khalifa Haftar, ha già detto che non tollererà che alcun militare straniero intervenga in Libia: gli uomini di Haftar vogliono essere loro a ricevere le armi per combattere le milizie di Tripoli, sconfiggerle e poi provare a fermare i barconi. Ma i barconi partono soprattutto dalla Tripolitania, l’area in cui Haftar non è presente. Nelle ultime ore, dopo un breve rallentamento, i trasferimenti di migranti sono ripresi. In 11 operazioni di soccorso sono stati assistiti 2.000 profughi, tra l’altro anche da navi militare tedesche e inglesi e da navi civili organizzate per questo. In un’intervista a una radio americana l’inviato Onu per la Libia Bernardino Leon ha fatto una sua valutazione: potrebbero essere ancora 500mila i profughi in grado di essere portati sulla costa libica per provare a sbarcare in Italia. Leon è molto cauto, non è chiaro quali calcoli gli suggeriscono quella cifra, ma lui la Libia la conosce bene.