martedì 12 maggio 2015

Repubblica 12.5.15
Altro che logica l’intelligenza è questione di nonsense
Douglas Hofstadter svela come dai neonati a Einstein la razionalità sia meno utile del pensare per analogie
di Stefano Bartezzaghi


COM’È che il computer, così prestante per memoria e velocità, non ha ancora imparato a parlare, a tradurre, a capire? Ce la farà mai? Perché “Intelligenza Artificiale” da nome di inquietante prospettiva di ricerca pare essersi tramutato in aporia e ossimoro irriducibile? «Almeno finora», aggiungerebbe con prudenza Douglas Hofstadter. Ed è proprio questo l’argomento che affascina, si può dire da sempre, l’estroso professore americano il cui Gödel, Escher, Bach.
Un’eterna ghirlanda brillante ( tradotto in italiano da Adelphi) già nel 1979 introdusse nel dibattito stile e argomentazioni originalissimi e divenne il più inatteso dei premi Pulitzer e dei bestseller mondiali.
Da allora Hosftadter ha continuato le sue ricerche, in un miscela del tutto personale di pragmatismo e fantasia, praticando tutte assieme la costruzione di modelli algoritmici, l’analisi di giochi di parole e processi mentali a questi connessi, la logica e i suoi paradossi, la traduzione e i suoi problemi (ha persino pubblicato una traduzione inglese dell’ Evgenij Onegin di Aleksandr Puškin, la cui presentazione sin dalle prime righe polemizzava con l’edizione, magistrale e canonica, di Vladimir Nabokov). Le sue materie di insegnamento all’Indiana University sono perfette testimonianze di tale eclettismo: Scienze cognitive e Letteratura comparata.
Il teorema su cui Hofstadter insiste da anni è che il computer non arriva a emulare il pensiero umano in quanto, a differenza di questo, è (finora!) totalmente incapace di analogie (significativo al proposito il titolo di un altro volume di Hofstadter: Concetti fluidi e analogie creative ; anche questo tradotto in italiano da Adelphi). Su tale teorema concorda anche un professore parigino di Psicologia creativa, Emmanuel Sander (già autore di L’analogie.
Du naïf au créatif ) e i due si sono ora associati per scrivere un libro che è uscito in due versioni differenti, in inglese e in francese: ognuno dei due autori ha provvisto gli esempi adatti e i relativi commenti nella propria lingua madre. L’ambiguità del linguaggio verbale è infatti uno dei principali campi di ricerca per Hofstadter e di conseguenza la traduzione dei suoi stessi libri è un compito particolarmente capzioso, a cui di solito si dedica un pool di amici italiani dello studioso americano. Due di essi, Francesco Bianchini e Maurizio Codogno, si sono prestati alla fatica ulteriore di incrociare le due versioni originali del libro scritto con Sander ed ecco che la casa editrice Codice pubblica Superfici ed essenze. L’analogia come cuore pulsante del pensiero (pagg. 624, euro 40), un vero e proprio trattato, che ha la virtù di lasciarsi leggere in grande scioltezza.
Non è dato sapere se nelle sue frequentazioni bolognesi (ha passato là un anno sabbatico, tenendo corsi pubblici e diventando un personaggio popolare anche fuori dall’ambiente strettamente accademico), Hofstadter abbia sentito parlare del filosofo Enzo Melandri. Probabilmente sì, ma nella bibliografia di Superfici ed essenze non vi è traccia della Linea e il circolo. Studio logicofilosofico sull’analogia . Pubblicato nel 1968 dal Mulino, misconosciuto, poco recensito e mai tradotto (il geniale Melandri non apparteneva a sette filosofiche), il gran libro è stato trionfalmente ripubblicato da Quodlibet una decina d’anni fa, con il contributo illuminante di un saggio introduttivo di Giorgio Agamben, che lo ravvicina alla contemporanea Archeologia del sapere di Michel Foucault. La tesi di Melandri è che fra logica e analogia si svolga una sorta di «guerra civile», «una lotta che l’analogia non può perdere; anche se probabilmente non può vincere». Prosegue Melandri: «L’argomento è tutto qui: il nonsenso dell’analogia, nel contestare il governo, la norma e il rigore della logica, svela che il senso di quest’ultima è altrettanto, se non ancor più insensato».
Anche per Hofstadter e Sander la superiorità del pensiero logico su quello analogico è uno stereotipo filosofico da superare, anzi superato. Più che una guerra vedono un’alleanza: per fare un esempio il pensiero analogico è necessario per impratichirsi dei risultati del pensiero più formale e logico. Si pensi al ruolo per la diffusione del personal computer giocato dalle invenzioni del mouse, delle icone e del desktop, le quali hanno incarnato analogie fra il mondo materiale (fatte di oggetti che si possono afferrare, spostare, buttare in un cestino) e il mondo immateriale delle entità cosiddette virtuali. L’analogia è onnipresente, dal linguaggio infantile alla storia delle scoperte di Einstein. I due autori ne seguono le tracce sfidando la tradizionale diffidenza epistemologica per una forma di pensiero che non sarebbe sufficientemente razionale, controllabile e rigorosa e accanendosi nel trarre esempi dalla vita quotidiana. I bambini dicono frasi come: «Ho spogliato la banana», «Hanno spento la pioggia», «Mamma, accendi gli occhi», «Zio, la tua sigaretta si sta sciogliendo» e bisogna resistere all’impulso di attribuirle a lacune lessicali o inaccuratezze linguistiche. Sono invece passaggi intellettivi dal noto all’ignoto, del tutto simili a quello grazie a cui Galileo estese l’ipotesi eliocentrica di Copernico alle osservazioni che andava compiendo con il suo telescopio, per esempio sui satelliti di Giove. È tramite il pensiero analogico, insomma, che acquisiamo una lingua (anche la materna) e nondimeno ci facciamo un’idea scientifica del mondo.
Di fronte a una novità (banana sbucciata, corpi celesti piccoli attorno a corpi maggiori) noi cerchiamo una categoria a cui assegnarla; per riuscirci dobbiamo indebolirne i confini che la definiscono tale, così come fa ogni bambino quando dall’idea (singolare ed egocentrica) di avere la propria mamma arrivano a stabilire che una certa altra signora è la mamma di un altro bambino. È la generalizzazione: non c’è più “la” Mamma, ma la propria è “una fra le mamme”, è una madre, fino ad arriverà a capire il senso di espressioni come “la madre Patria”, la “madre di tutte le battaglie” o “la casa madre”. A differenza delle idee platoni- che, infatti, le categorie non sono né uniche né stabili: quella certa signora mamma sarà anche una chirurga, una rappresentante di classe, un’appassionata di musica rock, una fotografa e addirittura una figlia, dotata di sua propria mamma.
Applicando la loro osservazione al lessico, ai comportamenti quotidiani e alla ricerca scientifica Hofstadter e Sander toccano una quantità di campi disciplinari come la linguistica, la psicoanalisi, la semiotica, la retorica, la teoria della traduzione, la gnoseologia, ma si costruiscono da sé, e da bricoleurs, gli strumenti concettuali a loro necessari. Alla fine, risulta che la logica è la sistematizzazione a posteriori dei materiali che la propensione analogica umana produce in continuazione. Ogni nuova categoria viene riconosciuta, o costruita, per analogia e la capacità di costruire categorie per via analogica (e disporne in vasta quantità) è ciò che chiamiamo intelligenza, e pensiero. Anche se loro si mostrano prudenti, è davvero difficile immaginare un’intelligenza artificiale, e digitale, che possa emulare la capacità dell’Homo Analogicus di cogliere fra le entità e le relazioni del mondo somiglianze: sostanziali o strutturali, superficiali o essenziali che siano.
IL SAGGIO Superfici ed essenze di Douglas Hofstadter ed Emmanuel Sander ( Codice)