martedì 12 maggio 2015

Il Sole 12.5.15
Cina
Cosa c’è dietro il terzo taglio dei tassi in pochi mesi
di Rita Fatiguso


PECHINO Un timido avvio, poi le borse hanno preso il volo alla notizia del terzo taglio dei tassi di interesse operato in sei mesi dal Governatore della People’s Bank of China.
Ieri, a chiusura di giornata, l’indice Csi 300 è cresciuto del 2,9%, lo Shanghai Composite del 3%, a Hong Kong l’Hang Seng ha chiuso a 0,7%.
Domenica scorsa, a listini fermi, il Governatore ha allentato ancora i freni sui tassi non certo e non solo per favorire l’accesso al credito delle medie imprese o per ridurre sadicamente i margini dei giganti bancari cinesi più grandi o tenere a freno la deflazione che rischia di vanificare la limatura dei tassi stessi.
Zhou Xiaochuan, a monte, ha preso ben altre decisioni di concerto con i ministri dello State Council, alla luce delle quali va decifrata la manovra cinese di domenica pomeriggio che porta al 5,1% i tassi sui prestiti a un anno e al 2,25% quelli sui depositi.
Il taglio, l’ennesimo, va letto con la serie di riforme adottate nelle scorse settimane che puntano a risanare i conti a livello locale e anche per questo c’è bisogno di denaro meno caro, oltre che della capacità di indirizzarlo nella giusta direzione.
Quale? L’obiettivo è sì la ripresa economica, pericolosamente sotto l’attesa soglia del 7%, ma soprattutto la soluzione di un problema vecchio e grosso come un macigno, la voragine dei conti degli enti locali cinesi.
Zhou, il Governatore che non riesce, suo malgrado, ad andare in pensione, sa bene che la Cina ha un debito locale capace di ostacolare la ripresa e di vanificare gli sforzi del rilassamento della sua politica monetaria.
Quindi l’imperativo è smaltire la zavorra dei crediti inesigibili e innescare un nuovo corso con i nuovi local bonds grazie anche a un costo del denaro più abbordabile.
La svolta sui crediti locali è partita il 1° aprile scorso, ad opera del ministro delle Finanze, il potente Lou Jiwei, che non a caso da qualche giorno fa ha spedito uno dei suoi più stretti collaboratori, il vice Wang Baoan, a dirigere l’Istat Cinese: Lou ha indirettamente rimosso l’ostacolo risalente al lontano 1994, ovvero il divieto per gli enti locali di emettere local bonds introdotto proprio con una vecchia legge di bilancio nazionale.
La decisione non è stata immediata, perché il 1° aprile scorso lo State Council, infatti, ha approvato ufficialmente l’espansione degli obiettivi del National social security fund (Nssf), un passo preliminare, destinato a incidere sul problema del deficit territoriale.
Negli ultimi anni la Cina ha investito molte risorse nella mappatura di questo debito e nel giugno del 2013, infatti, al termine di un lungo lavoro condotto gli ispettori del National audit office stabilirono che il debito locale cinese era di 17,9 trilioni di yuan, 2,93 trilioni di dollari Usa. In questi giorni è atteso un nuovo monitoraggio sui conti del 2014, le autorità sono in attesa con le dita incrociate.
Un’enormità, in ogni caso. Per raddrizzare il timone la Cina ha cercato di individuare le modalità con le quali è possibile da parte degli enti locali autofinanziarsi attraverso bond municipali.
Lo State Council ha deciso di autorizzare il prelievo di oltre 300 miliardi di yuan, pari a 48 miliardi di dollari dal National social security fund (Nssf) da investire in bond locali e altri strumenti finanziari durante tutto il 2015.
Un costo del denaro più leggero può solo aiutare a velocizzare il nuovo meccanismo favorendo l’acquisto di questi prodotti a costo più contenuto anche da parte delle stesse banche cinesi.
Perché il cuore della svolta strutturale dell’economia cinese sta proprio nei meccanismi della finanza locale e nel difficile bilanciamento tra poteri centrali e quelli periferici.
Come si potrà intuire, però, la manovra è complessa. Nonostante il coraggio dimostrato dal vecchio Governatore della Banca centrale, Zhou Xiaochuan, e la caparbietà del ministro delle Finanze Lou Jiwei nell’ introdurre nuove regole del gioco attraverso la “sua” nuova legge di bilancio, nessuno può dire come andrà a finire.