martedì 12 maggio 2015

La Stampa 12.5.15
Il bel carattere
Dal Rinascimento al mondo digitale
Cinquecento anni fa moriva a Venezia Aldo Manuzio il tipografo che usò le rivoluzionarie lettere in corsivo e inventò l’antenato del libro tascabile
di Marco Belpoliti


Cinquecento anni fa moriva a Venezia Aldo Manuzio, l’uomo che ha decretato con il suo genio tipografico e commerciale lo stile delle parole che ancora leggiamo ogni giorno. Come racconta, S. H. Steinberg nel suo classico Cinque secoli di stampa (Einaudi), Manuzio fu prima di tutto abile e fortunato nello scegliere il punzonista che incise i suoi caratteri, il bolognese Francesco Griffo, che gli fornì una nuova serie basata sulla scrittura cancelleresca corsiva in uso nella cancelleria papale, adottata dagli umanisti per i loro scritti non ufficiali. Quella che oggi conosciamo come «corsivo» funzionò perfettamente quale complemento ideale del tondo ufficiale.
Griffo incise anche varie serie in tondo, a prima fu usata per il De Aetna di Pietro Bembo nel 1495, la terza per la Hypnerotomachia Poliphili, quattro anni dopo, uno dei più bei libri di tutti i tempi. Manuzio, da uomo pratico qual era, non fu attratto solo dalla bellezza del carattere di Griffo per le sue collane popolari – inventò i libri tascabili –, ma dal fatto che essendo stretto e condensato permetteva un utilizzo più economico della zona destinata alla stampa: perfetto per i suoi fini commerciali. Dietro alla competenza di Griffo c’era la sua esperienza di calligrafo e anche la conoscenza dei caratteri del tempo; per il disegno della maiuscole romane s’ispirò all’Alberti e al Pacioli.
Il Rinascimento diventò così un modo di pensare attraverso la scrittura, dal momento che le lettere modellano la nostra visione del mondo. Oggi, quali sono gli eredi del grande stampatore veneziano? Nel 1965 è stato introdotto un nuovo concetto rivoluzionario nella composizione, Digiset, a opera dell’ingegnere Rudolf Hell. Le matrici, precedentemente distribuite sul mercato con lettere incise, non esistevano più; erano costituite da un certo numero di impulsi conservati in una memoria elettronica, così da apparire con estrema rapidità, in qualsiasi istante, e nella grandezza voluta, su un tubo elettronico e da lì essere fotografate, come spiega Vilmo Rossi nel suo esaustivo Lettering (Pazzini Editore). Nel 1975 è apparso Demos il carattere disegnato da Gerard Unger, graphic designer olandese nato nel 1943, uno dei primi della nuova generazione digitale, realizzato appositamente per Digiset. Demos ha le forme robuste, un chiaroscuro assai ridotto, e si differenzia poco tra parti spesse e parti sottili, con gli angoli arrotondati, così da renderlo leggibile e sottile. Dato che la scrittura si stava spostando sempre più verso i visori dei computer, Matthew Carter studiò per la Microsoft Georgia e Verdana dietro suggerimento di Tom Rickner, esperto di software per caratteri, «erede» del punzonatore Griffo. La famiglia dei caratteri Verdana ha una struttura diversa dai caratteri per la stampa tipografica e quelli tracciati a mano: sono strutturati attraverso griglie di pixel. Oggi al posto dello stampatore veneziano ci sono multinazionali come Adobe System, che ha sede in California, la nuova patria dei software di lettura.
Nata nel 1982 con lo scopo di sviluppare il linguaggio PostScript, Adobe è nei nostri computer. Carol Twolbly, calligrafa americana e type designer, nata nel 1959, ha lavorato per Adobe: un «punzonatore» donna finalmente, in un mestiere, la tipografia, dominato per secoli dagli uomini. Lei ha disegnato Myriad, «uno dei più versatili e famosi San Serif odierni». Ora si parla di «pacchetto di caratteri». Un esempio è Lucida del 1985 opera di Charles Bigelow e Kris Holmes, capostipite dei caratteri destinati alle stampanti laser. Da Venezia e dall’Italia la tipografia elettronica si è spostata in America.
Sarebbe piaciuta ad Aldo Manuzio Emigre, la società di distribuzione di caratteri fondata negli anni Ottanta a Berkeley? Penso di sì, se non altro per la loro forza d’innovazione. Rudy VanderLans e Zuzana Licko, i due creatori del marchio, hanno aperto una delle prime fonderie indipendenti e si sono concentrati sui caratteri digitali. La loro rivista, Emigre Magazine, che ha avuto una grande influenza sulla grafica degli anni Novanta, luogo di sperimentazione dei giovani type designer, fucina di grafica innovativa per 69 numeri. Il computer ha permesso alla grafica di prosperare e di diventare un elemento importante nella trasformazione del mondo visivo. Forse non ha reso ricchi i disegnatori di caratteri, ma certamente ha collegato il mondo del computer alla cultura visiva del passato, rimettendo in circolazione immagini di lettere e disegni di forme, ibridando il mondo dell’arte contemporanea con quello dell’arte classica, romana in particolare.
Il digitale ha riciclato tutto quello che meticolosi punzonatori e type designer rinascimentali avevano inventato e sperimentato nelle loro botteghe. Tra tutti gli strumenti nelle mani dei giovani ex studenti californiani quello che si è rivelato il più adatto al cambiamento è stato il Mac. Nel 1984 VandeLans, nato a L’Aia, neolaureato in fotografia al College of Environmental Design, e Licko, di Bratislava, studentessa a Berkeley, acquistano insieme il loro primo computer della Apple, e cominciato la loro avventura. Nuovo Mondo e Vecchio Mondo insieme, tutti a guardare vecchie aldine, a sbirciare antiche lapidi romane o a fissare a testa in su la Colonna che dal 113 dopo Cristo in Roma ci trasmette silenziosa la forma elegante delle lettere.
Il celebre marchio di Aldo Manuzio