martedì 12 maggio 2015

Repubblica 12.5.15
Storia collettiva d’Italia attraverso Leone Ginzburg l’uomo che disse no
Nel nuovo libro di Antonio Scurati, “Il tempo migliore della nostra vita” ai personaggi e agli eventi del ’900 dalla guerra alla Resistenza, si intrecciano vicende familiari
di Guido Crainz


IL LIBRO Il tempo migliore della nostra vita di Antonio Scurati (Bompiani pagg. 272 euro 18)

CI SONO molti fili nell’ultimo, intenso libro di Antonio Scurati ( Il tempo migliore della nostra vita) che proprio sull’intreccio si fonda. E il filo più robusto è anche il più convincente: un appassionato e partecipe ritratto di Leone Ginzburg che inizia sin dalla sua nascita nella Odessa del 1909. È scandito poi dall’irrompere dei grandi eventi del Novecento, e Scurati colloca sulla stessa “corrente” le proprie storie di famiglia, a partire da quelle dei nonni paterni e materni: in una Napoli vivace e popolare o in una Brianza in cui a poco a poco si cessa di «impastare le mani nella terra» e si diffonde l’industria.
È potente sin dall’avvio il ritratto di Ginzburg, con quel suo rifiuto di giurar fedeltà al fascismo che comporta l’espulsione dall’insegnamento universitario. È fra i pochissimi a dire quel no, e lo fa con «quella pulizia di segno nell’aria sgombra che rimarrà sempre l’ideale trasmessogli da maestri prossimi e viventi ». Ginzburg è il più giovane, fra quei pochissimi, ma non solo per questo quella scelta «si rivolge al futuro»: è già attivo infatti nel gruppo torinese di Giustizia e Libertà. Sullo sfondo vi sono maestri e amici conosciuti negli anni precedenti, soprattutto nel mitico Liceo D’Azeglio di Torino: Norberto Bobbio, Massimo Mila, Cesare Pavese (cui Scurati riserva poi giudizi impietosi), il giovanissimo insegnante Franco Antonicelli e altri ancora. In quello stesso 1934 viene poi arrestato e condannato a quattro anni di carcere, ma ha già contribuito alla nascita della casa editrice di Giulio Einaudi.
Dal carcere inizia a scrivere a Natalia Levi (che diventerà appunto Ginzburg) e i differenti rapporti si annodano ancor più intensamente due anni dopo, a seguito di una scarcerazione per amnistia. Vivono in quel clima collane fondamentali della Einaudi, dalla “Biblioteca di cultura storica” alla “Nuova raccolta di classici italiani annotati”; dai “Narratori stranieri tradotti” a “I saggi”. È una grande avventura, la vicenda della casa editrice (Luisa Mangoni le ha dedicato pagine finissime), e in essa Ginzburg porta un «rigore senza tregua» che lo vedrà più tardi in contrasto con lo stesso Einaudi, pressato dagli obblighi di un mercato difficile. I vincoli cui è sottoposto cadono solo nell’agosto del 1938 ma un mese dopo Mussolini annuncia le leggi razziali, ed è l’inizio del dramma finale: per l’Europa e per l’Italia. Nel 1940 è al confino in Abruzzo, assieme alla moglie Natalia e ai figli piccolissimi, ma l’impegno per l’Einaudi prosegue e si intensifica. Torna libero nell’agosto del 1943, nei “45 giorni” badogliani, e dopo l’8 settembre dirige assieme a Carlo Muscetta a Roma L’Italia libera , il giornale clandestino del Partito d’Azione. A novembre l’arresto, le torture naziste, la morte: e alla vigilia di essa scrive l’ultima «sublime, stremata, fervente ultima lettera a sua moglie».
Un ritratto potente e forse la sua stessa eccezionalità rende difficile quell’intreccio con le storie della propria famiglia che Scurati persegue. «Dove sono io in quella corrente?», si chiede, e conclude: «Io c’ero (...) perché c’era il nonno di cui porto il nome. La sua vita di uomo comune, anonimo» e «quella gloriosa di Leone Ginzburg» possono essere raccontate insieme, «si illuminano a vicenda ». Un progetto ambizioso: per la verità in qualche tratto sembra prevalere la giustapposizione ma la scrittura di Scurati aiuta a superare qualche scompenso e qualche forzatura.