domenica 10 maggio 2015

Repubblica 10.5.15
Nelle vie di Varsavia tentata dalla destra La paura del Cremlino entra nelle urne
di Andrea Tarquini


VARSAVIA «RIELEGGETEMI, sono il presidente di tutti, e di una Polonia moderna», implora stanco con aplomb di aristocratico il capo dello Stato uscente Bronislaw Komorowski a comizi poco affollati: alla fine si è deciso a una campagna dura, chi sa se troppo tardi. Tutti dicono che ce la farà solo al ballottaggio. «Votatemi, noi patrioti anti-Putin porteremo Budapest a Varsavia, basta con i tecnocrati liberal cosmopoliti», replica l’accademico 42enne Andrzej Duda del PiS, i nazionalpopulisti euroscettici e russofobi di Kaczysnki. «Scegliete noi antisistema, torniamo ai valori cristiani e nazionali come Orbàn», incalzano gruppi d’ultradestra e radicali sempre più forti, il più vivace guidato da Pawel Kukiz, ex star del rock di destra. Triste primavera polacca, soffia un brutto vento ungherese o di asse dell’Est con Orbàn come leader sotto il sole di Varsavia: al confine caldo con la parata e la guerra ucraina di Putin, qui si vota oggi per le presidenziali, e gli umori populisti d’Europa han preso piede nella culla del mitico 1989. Presidenziali, e prova generale per le decisive parlamentari di fine anno: se all’ombra della paura di Mosca, nel più occidentale paese dell’Est, i liberal cadranno dopo 8 anni rovesciati paradossalmente da un culto per il filorusso Orbàn, nulla sarà più come prima in Europa.
«Merkel e Renzi, Juncker e Draghi perderanno un partner- chiave», mi dice un ambasciatore della ‘Vecchia Euro- pa’. Arduo, a prima vista, cogliere svolte future con Orbàn eroe, qui dove boom economico e rinascita della borghesia cantieri edili e startups giovanili ovunque, più Bmw che a Roma o Parigi e vacanze estive già tutto esaurito hanno finora prodotto stabilità, crescita quasi cinese, miliardi per istru- zione e ricerca. «Non basta, abbiamo imposto riforme dure e sappiamo che possiamo pagarne lo scotto, ribellismo antisistema, mugugno antisacrifici e impazienza di raggiungere Berlino possono punirci, è normale in democrazia», mi dice preoccupato Konrad Niklewicz, capo stratega dello staff di Komorowski. «Speriamo ancora di andar bene al secondo turno», aggiunge: niente certezze. Non basta nemmeno la fermezza del governo verso un Putin che fa paura.
Linguaggio duro nei talk show, slogan xenofobi o antisemiti. E una Chiesa ‘antiwojtyliana’ ostile a papa Francesco e alla nuova Polonia secolare e moderna. Riforme dure, costi sociali sofferti. «Noi spieghiamo che le spese sociali promesse dai nazionalpopulisti quadruplicherebbero il debito, ma può non convincere », dice l’uomo del presidente. «Loro non capiscono più il popolo, lo guardano dietro i vetri fumé delle auto blu, pensano da tecnocrati lontani come gli eurocrati di Bruxelles», attacca Krzysztof Szczerski, stratega del partito di Kaczynski. «Siamo destra sociale, per disoccupati pensionati e famiglie. Vogliamo un’Europa di nazioni sovrane, basta al no alle radici cristiane». Funziona, nei sondaggi: Duda sale, Komorowski non è più invincibi- le, evita duelli in tv. «E vogliamo ricreare identità nazionale cristiana a fronte dell’Europa senza volto», aggiunge. Con Orbàn «convergenze significative: valori cristiani, interessi nazionali difesi verso Germania e Francia».
Sparate razziste od omofobe, sacerdoti come padre Lemanski cacciati dalla Chiesa anti-Francesco perché dialogano con gli ebrei, hooligan da stadio amici di neonazi: fuori dalle grandi città, spettri da tea party o peggio della Polonia profonda si risvegliano, contro la Polonia moderna che l’89 e poi dal 2007 Tusk avevano lanciato. E il sogno d’un asse con Orbàn esalta i falchi.
Kaczynski assapora albori di rivincita, secondo ultrà come Janusz Korwin Mikke «le donne devono non votare e stare a casa, la patria va salvata contro tedeschi, ebrei, gay e multinazionali ». Il nazionalcantautore Kukiz è cresciuto dal 2 al 13 per cento. «I partiti sono minoranze», spara Patrick Halaczkiewicz, suo stratega. «Tradizioni nazionali e religiose sono libertà, non ideologie ateizzanti dell’Ue senza volto. Orbàn ci piace, voce nazionale contro Bruxelles». Urla sovrastano il sottovoce del liberal Komorowski, la Polonia vota oggi, l’Europa attende col fiato sospeso.