domenica 10 maggio 2015

La Stampa 10.5.15
Shopping cinese alla parata di Putin
Lo Zar senza ospiti occidentali si rivolge a Est e il presidente Xi lo attira nella sua orbita Pechino promette 25 miliardi alle aziende russe in crisi per le sanzioni, compra jet e gas
di Anna Zafesova


Non c’è una sola sbavatura, il nuovo tank Armata non si ingolfa come si temeva, e il gran finale sono i giganteschi missili atomici Yars, al loro debutto in pubblico.
Ma per Xi Jinping questo nuovo arsenale potrebbe non essere una minaccia, semmai un’occasione di shopping

Il prossimo Giorno della Vittoria si terrà il 3 settembre a Pechino, dove Vladimir Putin ricambierà a Xi Jinping il favore di essere stato ieri l’unico peso massimo internazionale a celebrare in piazza Rossa il settantesimo anniversario della vittoria sul nazismo.
Sottovalutare il pericolo
Sarà un’altra cerimonia ad alto tasso di polemica politica, nella quale la Cina vuole ricordare la resa del Giappone nella Seconda guerra mondiale (ottenuta però non tanto dai comunisti cinesi, quanto dai nazionalisti) e rivendicare la sua leadership in Asia. Nella nuova guerra fredda, ciascuno ormai ha la sua Vittoria con il proprio messaggio. E così Putin nel suo discorso menziona il ruolo degli Alleati in quella che rivendica come una vittoria sovietica (e quindi russa), ma ricorda come già una volta «l’Europa illuminata sottovalutò il pericolo», che oggi è il «mondo monopolare» guidato dagli Usa. L’ucraino Petro Poroshenko celebra la memoria delle vittime del nazismo insieme con gli europei, e onora a Kiev i veterani dell’Armata Rossa al pari con i nazionalisti che li hanno combattuti. A Minsk l’ex filo-russo Alexandr Lukashenko organizza una sfilata in proprio (con accanto il figlioletto di 11 anni in uniforme da comandante in capo) e avverte che l’Europa è sull’orlo di una nuova guerra e che la sua Bielorussia è pronta a «respingere qualunque aggressione», un messaggio che pare rivolto più a Est che a Ovest. A Donetsk i separatisti copiano in piccolo la sfilata di Mosca, e a Grozny il fedelissimo putiniano Ramzan Kadyrov ricostruisce il Reichstag per poi farlo ricadere sotto i colpi dell’Armata Rossa, uno spettacolo teatrale con tanto di bombe.
Per la prima volta è anche una celebrazione popolare, con 300 mila persone che a Mosca sfilano con le foto dei familiari che hanno fatto la guerra, e Putin cammina in mezzo alla gente con il ritratto del padre. Per la parata invece la liturgia resta tutta sovietica, dalle Zil decapottabili d’annata alla voce metallica dagli altoparlanti uguale a quella di Radio Mosca durante la guerra. Lo speaker annuncia l’entrata in piazza di tutte le nuove armi che il Cremlino ha deciso di sfoderare, facendo per la prima volta sfilare anche prototipi mai visti, ma si tacita misteriosamente quando arrivano i missili Buk, uguali a quello che ha probabilmente abbattuto il Boeing malese sopra Donetsk. Difficile immaginarsi le facce degli eventuali ospiti occidentali, che però non ci sono: Obama e i leader dell’Ue hanno disertato la piazza Rossa per protesta contro il ruolo russo nel conflitto in Ucraina.
Lo sfoggio di potenza militare è infatti oscurato dall’isolamento diplomatico: l’unico capo di Stato europeo presente è il ceco Milos Zeman, gli altri ospiti vip sono alleati di Mosca nella prima e seconda guerra fredda: Cuba, Venezuela, Mongolia, Serbia, Vietnam, i leader dell’ex Urss.
Il presidente cinese si guadagna il posto d’onore accanto a Putin, che lo definisce «partner strategico e cruciale», e non fa che firmare contratti: più di 25 miliardi di dollari per le aziende russe colpite dalla crisi, l’agricoltura, il commercio, l’alta velocità Mosca-Kazan, i 100 superjet Sukhoi. Ma soprattutto l’impegno per un nuovo gasdotto, che potrebbe dirottare verso la Cina anche il metano dalla Siberia Occidentale oggi destinato all’Europa.
Prezzi, date e condizioni sono tutti da definire, il primo gasdotto «Potenza della Siberia» è ancora da costruire, ma il politologo ucraino Vitaly Portnikov già esulta: «La Russia si è venduta alla Cina».
E così la piazza è libera di applaudire senza imbarazzi i parà che hanno annesso la Crimea, che sfilano insieme a un infinito fiume di cosacchi, cadette con il fiocco bianco nei capelli, corazzieri serbi e indiani, blindati, cannoni, carri, caccia e bombardieri, impeccabili, allineati, velocissimi, per far sfilare più armi e truppe possibile, e Steven Seagal, grande fan di Putin, sulla tribuna degli ospiti probabilmente si sente in un film di Hollywood.