mercoledì 27 maggio 2015

La Stampa TuttoScienze 27.5.15
“Ora o mai più: i ricercatori devono farsi sentire in politica”
Dagli Ogm ai test animali, la paura prevale spesso sulla ragione.  Ma secondo l’ex consigliere dell’Ue un’alternativa è possibile
di Andrea Grignolio


Anne Glover è una biologa molecolare scozzese che tra il 2012 e il 2014 ha ricoperto il ruolo di capo consigliere scientifico del presidente della Commissione europea José Barroso. Era la prima volta che il Vecchio Continente, sulla scorta dei più avanzati Paesi occidentali, si dotava di un esperto per orientare l’attività di governo all’insegna dell’innovazione, della scienza e della tecnica: una triade che nella società della conoscenza è tanto essenziale per il benessere economico e sanitario dei cittadini quanto incomprensibile e disorientante per chi non è del mestiere.
Durante il suo breve operato Anne Glover ha svolto un lavoro egregio, che le è stato ripetutamente riconosciuto, ma, inaspettatamente, il 13 novembre 2014, la Bbc batte la notizia della sua rimozione senza spiegazioni, decisa dal nuovo presidente Jean-Claude Juncker. Solo più tardi si scopre il motivo: le lobby degli ambientalisti e diverse organizzazioni non-governative, tra cui Greenpeace, le avevano giurato guerra aperta. Motivo: aveva sostenuto che, secondo tutte le istituzioni scientifiche, gli Ogm «non erano più rischiosi delle convenzionali tecnologie di coltivazione delle piante». Una destituzione che dimostra quanto siano false le idee di chi pensa siano le multinazionali del biotech a dettare l’agenda a Bruxelles. Idee che alcuni senatori italiani hanno ripetuto il 13 maggio scorso durante l’audizione in Commissione Igiene e Sanità, schierandosi contro la ricerca Ogm in campo aperto, frutto dell’oscurantismo di chi preferisce governare i cittadini basandosi sulla pancia e sulle emozioni, invece che sulle prove razionali d’efficacia.
Dottoressa Glover, più la scienza avanza e più rischia di diventare incomprensibile per politici e cittadini: qual è la strategia da adottare?
«Mi vengono in mente tre questioni. Innanzitutto, per una maggiore comprensione della scienza da parte della società occorre intervenire sul sistema educativo. Non significa solo formare la prossima generazione di scienziati, ma offrire ai cittadini un’alfabetizzazione sul metodo scientifico. Le nostre vite dipendono così tanto dalla scienza e dalla tecnologia che diventa vitale discutere in modo compiuto le possibili applicazioni e le opzioni in campo».
E gli altri due aspetti?
«Sarebbe utile se più scienziati entrassero nell’agone politico e nelle istituzioni, perché potrebbero offrire un’eccellente aiuto per sviluppare un dialogo tra scienza e società. E, terzo, sarebbe utile che tra scienziati, cittadini e politici vi fosse una reciproca volontà di comunicare e comprendere i limiti di ciascuno».
Se la si guarda con la lente della scienza, l’Ue appare a volte unita, come nel caso dell’accometaggio di «Philae», e a volte divisa, come dimostra la legislazione che permette a ogni Stato di decidere sugli Ogm: come spiega la contraddizione?
«La missione Rosetta con l’ancoraggio sulla cometa 67P ha colpito l’immaginazione di tutti ed è stata una dimostrazione di ciò che possiamo fare in Europa, quando decidiamo di collaborare. La situazione, invece, è differente per gli Ogm: sebbene gli europei siano felici di accettare la tecnologia quando viene usata per diagnosticare e curare una malattia, molti la rifiutano quando la si usa per produrre cibo. È un fenomeno complesso, ma una delle ragioni addotte è che le multinazionali che producono i semi sfrutterebbero la tecnologia per puro profitto, senza benefici per i cittadini. Una preoccupazione legittima, ma personalmente porrei l’attenzione sul fatto che con le biotecnologie si possono creare piante che riducono o annullano i trattamenti con pesticidi, che limitano il consumo d’acqua e che aumentano la resa e la qualità dei raccolti. Credo che gli Ogm, insieme con altre pratiche agricole, possano offrirci queste possibilità».
Intanto, però, Internet non solo diffonde informazione scientifica, ma spesso veicola pseudo-scienza e teorie della cospirazione, come accade con i movimenti anti-vaccinazione e quelli contro la sperimentazione animale: cosa possono fare i consiglieri scientifici per contrastare questi fenomeni?
«Penso che ci sia una causa di fondo che permette a queste teorie cospirative di propagarsi: la fiducia. Il suo livello, nell’economia, nella politica e - credo - anche nella scienza, è ai minimi. Ecco perché dovrebbe diventare prioritario sviluppare un’onesta strategia comunicativa: ciò richiede trasparenza e l’accettazione da parte dei cittadini che le scelte sono spesso difficili e che non tutto è possibile. Un requisito fondamentale, poi, è che anche i cittadini devono essere coinvolti: ogni volta che si diffonde una finta informazione devono fare la loro parte per contrastare sia i politici che cedono alle menzogne sia chi diffonde rumors sbagliati. Temo che sarà necessario molto di più dello sforzo dei consiglieri scientifici per raggiungere l’obiettivo!».
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