La Stampa TuttoScienze 27.5.15
Imita i cinesi, diventerai un genio dei numeri
Ricerca internazionale: “Il primo passo è la perseveranza”
di Nicla Panciera
Nati per la matematica? Inutile insistere con lo stereotipo. Non è vero che i cinesi siano naturalmente portati per una disciplina in cui stracciano i rivali e che è fonte di così tanti problemi per i bambini italiani e occidentali. Alla base della sorprendente superiorità degli studenti di Pechino o di Shanghai - stabilmente ai primi posti delle classifiche internazionali - ci sarebbe in realtà una questione culturale. E, se questa è una buona notizia per i piccoli italiani, non lo è altrettanto per il nostro sistema scolastico.
I record della lingua. «Dovendo indicare la principale ragione del successo cinese in matematica, propenderei per la lingua, nelle sue diverse forme, mandarino o cantonese: la peculiare struttura sintattica, estremamente semplificata, favorisce l’apprendimento della matematica, almeno nelle fasi iniziali», ci spiega Mariolina Bartolini Bussi dell’Università di Modena e Reggio Emilia. Si trova a Macao, dove dal 3 al 7 giugno è in programma l’evento dedicato allo «Studio internazionale sull’insegnamento dell’aritmetica nella scuola primaria», organizzato dall’«Icmi», l’«International Commission of Mathematical Instruction», del cui comitato ha fatto parte per due mandati. «La struttura dei problemi espressi a parole nei libri cinesi - aggiunge - li rende facilmente traducibili nel linguaggio matematico: le componenti semantiche e quelle fonetiche dei caratteri cinesi, infatti, preludono, secondo alcuni studiosi, all’idea stessa di variabile e di parametro. E, inoltre, la necessità dei ragazzi di apprendere almeno 300 caratteri all’anno, già dalla scuola primaria, per arrivare a conoscerne almeno 1800, pena l’impossibilità di leggere un giornale, esercita la memoria e fa dell’impegno una necessità vitale».
Impegno e successo. «Studenti diligenti» è lo slogan che campeggia ovunque negli atenei cinesi. Le nostre difficoltà con la matematica sembrano quindi loro estranee e «addirittura incomprensibili, perché sono convinti che la materia sia alla portata di tutti. È sufficiente l’impegno», ci spiega Bartolini Bussi. Se spesso, per noi, alla base dei risultati scolastici c’è soprattutto il talento («Bravo, sei portato»), in Cina a contare è la diligenza. «Per tutti, maschi e femmine, il successo è frutto di perseveranza». E oggi il livello medio degli studenti è altissimo, anche grazie alla disciplina richiesta dalla centralizzazione (di programmi, libri di testo e sistemi valutativi) che ha reso possibile in soli 50 anni l’alfabetizzazione di un Paese sostanzialmente analfabeta.
«Ma diligenza e impegno, oltre alla conquista di specifici automatismi, non spengono affatto le intelligenze - assicura la professoressa -. I migliori talenti vanno a studiare a Hong Kong e negli Usa, dove utilizzeranno l’inglese, svincolandosi quindi dai limiti imposti dal loro raffinato linguaggio alla formulazione di alcuni ragionamenti matematici».
Risolvere il problema. In Cina i metodi educativi restano quelli tradizionali. «Non esiste soluzione di continuità tra l’antica cultura matematica cinese e il modo di insegnarla oggi», dice la professoressa. E, quindi, se guardare a Est è diventata l’indicazione principe di coloro che intendono migliorare il sistema educativo europeo, i tentativi di importare meccanicamente il «modello cinese» sono destinati a fallire, perché si scontrano con una profonda diversità storico-culturale. Le soluzioni, semmai, sono altre.
Alla portata di tutti. Si deve partire dal fatto - confermato da molti studi - che la matematica viene elaborata in aree specifiche del cervello. Per quanto possano esistere differenze individuali strutturali e funzionali anche notevoli (più evidenti come avviene con disturbi spesso sottovalutati come la discalculia), il caso cinese rivela che anche queste aree si possono «allenare»: i numeri non sono soltanto una questione di genio e predisposizione. Si possono imparare.