venerdì 8 maggio 2015

La Stampa 8.5.15
Quel fascino indiscreto della sottomissione
di Mario Baudino


Alla fine tutto è andato come si era deciso: il Pen club international ha tenuto il suo galà ed ha consegnato il premio per il coraggio nella libertà di espressione a Charlie Hebdo nelle mani dell’attuale direttore, Gérard Biard, accompagnato da Jean Baptiste Thoret, sopravvissuti alla strage islamista nella redazione del settimanale.
Boycott Pen
La campagna di 150 scrittori di lingua inglese (tra cui Joyce Carol Oates, Peter Karey, Tajye Selasi e molti altri, noti o meno noti, tutti convinti che la libertà di espressione non debba sfociare in forme di dileggio, ad esempio, per le altrui religioni, che vorrebbe dire discriminazione e «islamofobia») non ha avuto i risultati sperati. Il Pen non ha fatto marcia indietro, il boicottaggio non è riuscito. È una buona o una cattiva notizia? Dipende dal punto di vista. Indubbiamente guadagna consensi quello secondo cui davanti alla suscettibilità di culture e religioni (alcune permalosissime) la libertà di espressione si debba di «autoregolare», ponendosi dei limiti ben più stretti di altre libertà democratiche. Ma in uno Stato, appunto, democratico, non dovrebbero bastare le leggi per definire questi limiti?
Tutto in un romanzo
In caso contrario, siamo già in un romanzo di Houellebecq, che val ancora la pena di rileggere, anche se non vincerà molti premi. L’ultimo, naturalmente. Ora e sempre Sottomissione.