venerdì 8 maggio 2015

La Stampa 8.5.15
Lo strano incrocio tra pensionati e onorevoli
di Marcello Sorgi


Alla fine gli unici contenti sono i presidenti delle Camere Pietro Grasso e Laura Boldrini, pur consapevoli che per ottenere l’abolizione dei vitalizi ai parlamentari condannati è stato necessario pagare il prezzo di alcune eccezioni che consentiranno, in molti casi, agli interessati, di rientrare in possesso della «pensione» da onorevole. Le delibere sono passate così senza il voto dei centristi di Area popolare, di Forza Italia e del Movimento 5 stelle, anche se le ragioni per cui si sono opposti erano diverse: troppo giustizialista il metodo scelto, secondo i primi due, troppo garantista, «una farsa», per il terzo.
Berlusconi, Dell’Utri, Previti, Totò Cuffaro, Forlani, De Michelis, Pillitteri, Toni Negri: la lista di coloro che si vedranno sospeso (ma non per sempre) il vitalizio è lunga e comprende i condannati in via definitiva per reati di mafia, terrorismo, reati contro la pubblica amministrazione (ma con l’importante esclusione dell’abuso di ufficio). Che tuttavia possono chiedere la riabilitazione, come appunto sta facendo Berlusconi, e, nel caso in cui la ottengano, tornare a godersi la «pensione». Per effetto di questa significativa eccezione, ad esempio, non rientrerà nell’elenco degli esclusi dal vitalizio Massimo De Angelis, condannato a 5 anni per banda armata (Terza posizione), ma poi riabilitato. Così che ieri il M5s, che ha tenuto una manifestazione di protesta in piazza Montecitorio con un lungo show di Grillo, assente da tempo dalle scene, faceva circolare liste di esentati dalla tagliola, benché condannati, per dimostrare che il limite dei due anni di pena serve più a salvare, che non a sanzionare parlamentari che meriterebbero di essere colpiti.
In realtà il percorso delle delibere ha visto contrapposti soprattutto grillini e centrodestra, con i presidenti delle Camere preoccupati del danno di immagine che sarebbe derivato al Parlamento da un eventuale fallimento della procedura. La coincidenza con la sentenza della Corte Costituzionale che ha disposto il reintegro delle pensioni tagliate dal governo Monti ha funzionato da indiretto acceleratore della decisione, per evitare che mentre i tagli ai pensionati «qualsiasi» venivano giudicati ingiusti dai giudici della Consulta, per quelli agli onorevoli inquisiti si trovasse una scappatoia. Che, va detto, in qualche modo è stata trovata, lasciando il dubbio che alla fine la linea dura riguarderà solo casi esemplari, che rischiano di trasformarsi in capri espiatori.