La Stampa 31.5.15
Il premier viola il silenzio: “il voto non è un test su di me”
Renzi non si trattiene e bacchetta “certa sinistra”: ma sono ottimista Ira di Forza Italia, M5S, Lega e Sel. Gli azzurri: parlino Colle e Procura
di Paolo Baroni
Trento Una volta salito sul palco del Festival dell’economia di Trento, assieme al premier francese Valls, Matteo Renzi ha provato all’inizio a prenderla alla larga Ma il discorso è finito inesorabilmente sulla politica e sulle elezioni
La Merkel è la cattiva d’Europa? Chiede Lilli Gruber. «Sono in silenzio elettorale non posso parlare», dice Matteo Renzi. Che sa bene di camminare sul filo del rasoio. De Luca impresentabile? «Non posso parlare» ripete. «Posso farlo io, se volete», scherza Manuel Valls.
Ottimista sul voto
Una volta salito sul palco del Festival dell’economia di Trento assieme al premier francese, Renzi la prende ogni volta alla larga. Parla per metafore, o almeno di prova. Ragiona sulle europee dello scorso anno per non parlare delle regionali. «Faccio un appello, abituiamoci a pensare che il voto serve per quello per cui si vota». Quindi spiega di non considerare questa nuova tornata elettorale un referendum sul suo governo. «Questa può essere stata una lettura che si è data sulle europee, lettura che anche in quel caso non condividevo. Ma le elezioni locali servono per le elezioni locali. Non c’è nessuna conseguenza per il governo». Per cui sul risultato dice di essere «ottimista», come sempre.
Renzi non aveva ancora iniziato a parlare a Trento che Forza Italia già protestava, invocando l’intervento del capo dello Stato e della Procura di Trento. «Apprendiamo che violando in modo sfacciato la regola del silenzio elettorale oggi pomeriggio Renzi partecipa a una manifestazione a Trento con il suo protegé dell’Inps, Boeri - tuonava una nota pubblica sul Mattinale -. La cosa non può accadere, non deve accadere».
Sel: oscurare i tg
Identica protesta anche da parte della Lega e dei Cinque stelle. L’ex piddino Pippo Civati e Nicola Fratoianni di Sel, dopo avergli già chiesto venerdì sera di evitare questa «comparsata nel giorno del silenzio elettorale», ieri si sono appellati ai direttori dei tg pubblici e privati invitandoli «almeno loro a rispettare la legge», e quindi di fatto a oscurare il premier.
Per effetto del continuo gioco di rimpalli con Valls nei discorsi di Renzi ieri la politica è affiorata più volte. Il presidente del Consiglio, infatti, è tornato a bacchettare «una certa sinistra», quella che va nei talk show o che mangia tartine al salmone ai convegni, sostenendo che «non bisogna aver paura di chi crea posti di lavoro e se Marchionne li crea non si può attaccarlo perché è antipatico, bisogna dire grazie alla Fiat. Questa è la differenza tra la sinistra che chiacchiera e quella che fa le cose». Poi è stata la volta di Berlusconi, «che in Italia ha governato per dieci anni più di Andreotti, Moro e De Gasperi» e che a suo tempo non è stato capace di imboccare con decisione la via delle riforme. Se 10 anni fa fossero stati fatti Jobs act, riforma fisco e della giustizia civile oggi non saremmo in queste condizioni di affanno». La deriva populista? «C’è il silenzio elettorale, e sui populismi io non posso parlare di Salvini e non posso mettermi a parlare della Le Pen, quindi di Paesi altrui - ha argomentato ancora una volta Renzi -. Dico solo che un anno fa i partiti populisti, come Grillo e Lega, avevano nel simbolo la scritta “No euro”. Adesso - ma non parlo delle elezioni di domani - il candidato presidente di una regione che inizia per “V” e finisce con “eneto”, non ce l’ha più».
Fratelli gemelli
Per il resto tra Renzi e Valls si è confermata la grande affinità che già conoscevano, dal tentativo di rinnovare profondamente la sinistra, all’immigrazione, alla svolta da imprimere alla politica economica europea che deve puntare tutto su crescita e occupazione. Piena sintonia su tutto, abito blu e camicia bianca compresa, per quelli che Gruber ha ribattezzato «i fratelli gemelli».