La Stampa 24.5.15
Così può saltare la politica della Spagna
di Emanuele Treglia
Oggi, in Spagna, si voterà in numerosi comuni e comunità autonome.
Da molti anni ormai delle elezioni non suscitavano tante aspettative ed erano seguite con tanto interesse.
I risultati, del resto, non solo avranno notevole rilevanza a scala nazionale, in vista delle generali che si terranno a novembre: potrebbero anche avere una portata «storica».
Potrebbero infatti sancire, facendo seguito alle elezioni andaluse celebrate lo scorso marzo, la definitiva rottura del sistema sostanzialmente bipartitico vigente dalla seconda metà degli Anni Settanta, basato sull’alternativa tra il Partido Socialista Obrero Español (Psoe) e il Partito Popular (Pp). Per la prima volta, in diverse località - tra cui Madrid -, queste due formazioni «tradizionali» vedono seriamente messa in discussione la loro egemonia dall’ascesa di due soggetti «nuovi»: Podemos e Ciudadanos.
Il primo, guidato dal giovane politologo Pablo Iglesias, si presenta come la trasposizione istituzionale dei movimenti sociali che si sono sviluppati a partire dal 15 maggio 2011 e del loro spirito di «indignazione». Sebbene secondo i sondaggi continui ad essere in testa nelle intenzioni di voto a livello nazionale – 22,1% -, negli ultimi mesi la sua popolarità ha sperimentato un leggero calo. Ciò è stato dovuto, in parte, ad alcuni problemi interni al partito, come ad esempio la fuoriuscita di Juan Carlos Monedero, uno dei suoi cofondatori e fautore di una linea più radicale, in polemica con la progressiva moderazione del discorso pubblico promossa da Iglesias con la speranza di captare anche una porzione dell’elettorato centrista; in parte, invece, è stato dovuto alla speculare e rapida crescita di Ciudadanos. Quest’ultimo, infatti, da gennaio ad aprile è passato da meno del 10% al 19,4% delle intenzioni di voto. Si tratta di un partito che, così come Podemos, è portatore di un progetto di «rigenerazione» della politica spagnola, da realizzarsi attraverso la lotta alla corruzione e la «discesa in campo» di personalità della società civile: di orientamento liberale, sta cercando così di pescare nei bacini elettorali sia dei delusi del Pp, sia di coloro che, pur auspicando un cambiamento, ritengono Podemos un’opzione troppo estrema. In tale contesto, le due forze tradizionali, che secondo i sondaggi si attestano attorno al 21%, si trovano nel mezzo di una sorta di Tangentopoli spagnola che vede coinvolti molti loro dirigenti e che, sommandosi all’incapacità che hanno dimostrato nel far fronte alla crisi economica, sta erodendo sempre più a fondo la loro legittimità.
Gli occhi domenica saranno puntati soprattutto su Madrid. La capitale è da oltre vent’anni un feudo del Pp, che presenta come candidata la veterana Esperanza Aguirre, ex presidentessa della relativa comunità autonoma ed ex ministra dell’Educazione. Il suo messaggio, soprattutto nelle ultime settimane, fa appello alla paura: paventa che, in caso di una vittoria di Podemos, potrebbe essere l’ultima volta che si voti liberamente in Spagna. Le sue proposte hanno un chiaro orientamento conservatore: basti pensare alla sua intenzione di limitare il diritto di manifestazione, motivata dal fatto che i turisti potrebbero essere «spaventati» da eventuali proteste. Nella capitale Podemos si presenta all’interno di una lista civica, Ahora Madrid, composta da diverse organizzazioni di sinistra. La sua candidata è Manuela Carmena, ex militante antifranchista e giudice emerita del Tribunale Supremo. Tanto la sua candidatura come il programma di Ahora Madrid sono stati il frutto di un ampio processo di partecipazione che ha coinvolto migliaia di persone in assemblee, discussioni sul web e incontri di vario tipo. Tra le sue proposte più innovative, c’è quella che prevede l’introduzione dello strumento referendario a livello cittadino e/o di quartiere, in modo da innescare una dinamica di compenetrazione tra la sfera dei rappresentanti e quella dei rappresentati. Il Pp e Ahora Madrid, secondo le ultime inchieste pubblicate lunedì, sono in una situazione di potenziale pareggio, seguiti dal Psoe e Ciudadanos.
Le elezioni di domenica, data la frammentazione del voto, in numerose località metteranno i partiti vincitori davanti all’obbligo di venire a patti con altri per potersi assicurare una maggioranza sufficiente per governare. È uno scenario a cui le forze politiche spagnole non sono molto abituate, dato appunto il bipartitismo che ha retto fino ad oggi: lo si può notare in Andalusia, dove il Psoe non è ancora riuscito a mettere in piedi un governo autonomico a causa dei veti incrociati posti dagli altri partiti. Le alleanze possibili sono varie, e dipenderanno ovviamente dai rapporti di forza determinati dai risultati. Ciudadanos si configura a questo proposito come un «jolly», dato che è l’unica forza che potenzialmente potrebbe allearsi sia con il Pp che con il Psoe e con Podemos. Se consideriamo inoltre che le inchieste danno un’elevata percentuale di indecisi, gli esiti della tornata elettorale di domenica appaiono quanto mai incerti. Concludendo, occorre ribadire l’importanza del voto di domenica in vista di quello di novembre: per Podemos e Ciudadanos, infatti, potrebbe trattarsi di un trampolino o di una battuta d’arresto che preluderebbe al loro «sgonfiamento»; per il Psoe e il Pp, invece, potrebbe trattarsi della riaffermazione del loro primato o dell’inizio del loro definitivo declino.