giovedì 21 maggio 2015

La Stampa 21.5.15
Fra Hamas e Israele negoziati top secret per 10 anni di tregua
Decisiva la mediazione turca. L’ira di Abu Mazen
di Maurizio Molinari


Abu Mazen è su tutte le furie, i suoi collaboratori non parlano d’altro e nel «press club» della Muqata i reporter arabi sono alle prese con la «storia di Gaza»: l’argomento che tiene banco in Cisgiordania è il negoziato segreto fra Hamas e Israele per raggiungere una «hudna», una tregua, di 5-10 anni.
Località segreta
Una ricostruzione minuziosa viene da «Ad-Dustour», quotidiano giordano che, citando fonti occidentali, spiega come Hamas e Israele conducono «colloqui segreti» in almeno una «città europea», forse attraverso emissari della Turchia, il più stretto alleato dei fondamentalisti che controllano la Striscia dal 2007. In questa «località segreta», forse Istanbul o una città tedesca, i «colloqui» sono iniziati sullo scambio fra i resti di un soldato israeliano di origine etiope caduto a Gaza e un imprecisato numero di prigionieri palestinesi.
Il nodo frontiere
Hamas e Israele avrebbero affrontato anche il nodo delle frontiere ovvero la possibilità che Gerusalemme riconosca de facto la Palestina dentro i confini della Striscia, siglando accordi bilaterali per migliorare la qualità della vita dei residenti, a cominciare dalla fornitura di elettricità e acqua come già avviene in Cisgiordania. Per «Ad-Dostour» ciò che più conta è il progetto di un «porto di accesso a Gaza», a Cipro o altrove nel Mediterraneo, sotto il controllo di Hamas, per facilitare l’arrivo di merci senza evadere i controlli israeliani. L’idea di un «porto fluttuante nel Mediterraneo» per accedere a Gaza risale all’ex premier Ariel Sharon e Hamas sembra disposto a discuterla, come avviene per l’ipotesi di un’estensione della Striscia a un’area del Sinai che verrebbe concessa dall’Egitto.
Le parti negano
I portavoce di entrambe le parti negano tutto. Per Sami Abu Zuhri, di Hamas, sono «notizie tese a ingannare» ed Emmanuel Nachson, portavoce del ministro degli Esteri israeliano, taglia corto: «Di questo non parlo». Ma a farlo è Abu Mazen che, durante una visita in Giordania, ha affermato di essere «del tutto al corrente dei contatti Hamas-Israele» aggiungendo di considerarli «nocivi per il popolo palestinese».
Allentato il blocco
L’irritazione si spiega con l’esistenza di più canali tutti estranei a Ramallah, inclusi gli incontri fra Muhammad Al-Ahmadi, ambasciatore del Qatar a Gaza, con il generale Yoav Mordechai, coordinatore delle attività nei Territori, sulla necessità di un «Tahdiat Ala’amar», cessate il fuoco per la ricostruzione. Proprio Mordechai è all’origine dell’allentamento non dichiarato del blocco della Striscia, testimoniato dall’entrata di camion con 1 milione di tonnellate di materiali edili di cui 180 mila per la ricostruzione delle case distrutte nell’ultimo conflitto.
Restituite le barche
Altri segnali di «confidenza reciproca» sono la restituzione da parte di Israele di gran parte delle barche sequestrate ai pescatori di Gaza e la rapidità con cui Hamas ha accertato chi, dieci giorni fa, ha lanciato razzi sul Negev. Per i reporter nel «Press Club» della Muqata tutto ciò dimostra che «chi sta a Gaza pensa a Gaza» più che alle sorti della Cisgiordania. Ma l’interrogativo riguarda cosa avverrà dentro Hamas ovvero se a prevalere saranno esponenti politici come Ahmad Yousef, legati al leader all’estero Khaled Mashaal favorevole ai colloqui segreti, oppure i comandanti militari fedeli a Mohammed Deif, capo dell’ala armata sostenuta da Teheran e contraria a ogni tregua con il nemico israeliano.