La Stampa 20.5.15
Poveri storici, se cadono nella Rete
Una quantità di documenti in cui è difficile individuare il falso
di Giovanni De Luna
Falso il carteggio Churchill-Mussolini. Falsi i diari dello stesso Mussolini sbandierati da Marcello Dell’Utri. Falso il diario di Hitler pubblicato nel 1983 dalla rivista tedesca Stern. In questo caso si trattò di un vero scandalo. I 62 volumi che riguardavano gli anni dal 1932 al 1945 furono certificati come autentici da storici di indubbio prestigio e passarono indenni anche al vaglio di una perizia calligrafica che ne assicurò la totale somiglianza con la scrittura di Hitler. A far crollare la montatura (e la truffa tentata da un abile falsario, il pittore Konrad Kujau) fu un’analisi chimica da cui risultò in modo incontrovertibile che la carta e l’inchiostro usati erano stati prodotti in anni molto successivi alla Seconda guerra mondiale.
In questo caso un esercizio fondamentale per la ricerca storica, l’esame critico di un documento per giudicarlo «vero» o «falso», fu reso possibile dalla concretezza della carta e dell’inchiostro che consentirono una datazione irrefutabile. Ma cosa succede quando la materialità del documento si dissolve nel mondo grigio e piatto della rete e precipita in una dimensione digitale che sembra negare alla radice la possibilità di una critica delle fonti in grado di valutarne l’autenticità e l’esattezza?
Non solo. Nella sterminata documentazione disponibile in rete c’è un’intrinseca volatilità; i singoli file, ma anche gli stessi siti, appaiono e scompaiono: se si attinge alla loro documentazione, le «prove» che lo storico deve proporre a sostegno delle sue argomentazioni rischiano di sparire, inghiottite dal perenne dinamismo della rete e della sua insaziabilità.
Quello che si deposita ogni giorno negli archivi digitali è una quantità straripante di informazioni, immagini, documenti pubblici e privati. Se gli storici dell’età classica rischiavano di morire d’inedia, gli storici della contemporaneità rischiano di morire d’indigestione. Ad esempio, Google ha conservato tutti i messaggi lasciati nei news group a partire dal 1981: erano 4 mila in quell’anno, erano diventati 150 milioni dopo solo venti anni. Con il tempo, tutto questo diventerà un gigantesco archivio della memoria del mondo globalizzato.
Come uscire da queste trappole è la sfida che si pone agli storici che in futuro studieranno la nostra epoca. Ad Arnaldo Momigliano bastò una sola iscrizione (quella di Behistun-Bisutun, posta dal re Dario su una roccia alta 300 piedi sulla strada) per desumere il modo di pensare dei persiani, per scorgere in quelle poche parole di autoglorificazione i tratti di una intera società. E questo dovrebbe rassicurarci.