martedì 19 maggio 2015

La Stampa 19.5.15
Marine ha convinto la Francia
di Cesare Martinetti


Marine Le Pen non vincerà mai le elezioni in Francia perché le ha già vinte, sotto altro nome, che di volta in volta può essere quello della destra (Sarkozy) o della sinistra (Manuel Valls). La rimessa in discussione da parte francese del piano Juncker di distribuire tra i Paesi Ue clandestini migranti o richiedenti asilo non ha altra spiegazione. Da più di dieci anni l’agenda politica è condizionata dal Front national. Da quando Jean-Marie Le Pen sconvolgendo ogni pronostico si qualificò al ballottaggio per l’Eliseo (21 aprile 2002) un solo fantasma ha occupato le notti dei politici, di destra e di sinistra: bloccare l’uomo nero che si profilava per la prima volta come un concorrente vero e non soltanto come lo spauracchio inquieto ma inoffensivo.
Da allora tutto è cambiato. È nato il fenomeno Sarkozy che ha costruito la sua scalata all’Eliseo sulle parole d’ordine della sicurezza, promettendo la pulizia delle banlieues dalla «racaille» (la feccia) degli immigrati. Ma anche la sinistra si è largamente «droitisée», spostata a destra: Ségolène Royal, avversaria battuta da Sarko nel 2007, aveva un programma d’ordine non così lontano dall’avversario. Fino ad arrivare a Manuel Valls, prima sindaco-sceriffo di Evry, poi ministro dell’Interno del primo governo Hollande che ha recepito e sviluppato la politica di espulsioni di Sarkozy e dei suoi ministri: emblematico il caso della bambina kosovara Leonarda, prelevata dalla police a scuola ed espulsa. Ed è stato proprio Manuel Valls, ora primo ministro, ad anticipare domenica in un’intervista al Journal du dimanche che la Francia si opporrà alla spartizione in quote dei migranti clandestini.
Nel frattempo è accaduto che il Front National si è gonfiato sempre di più fino ad arrivare ad essere il primo partito reale alle europee di un anno fa, e il primo partito virtuale nelle dipartimentali del marzo scorso, vinte in realtà dall’Ump (il partito di Sarkozy) in alleanza con i centristi, ma con il Front (senza alleati) con percentuali mai viste.
E a oltre dieci anni dalla battaglia di Sarkozy sulle banlieues la situazione è semmai peggiorata. Ieri si è chiusa anche simbolicamente la stagione con l’assoluzione dei due poliziotti che erano accusati della morte di Zyed e Bouna, nell’ottobre 2005, l’episodio che fu il detonatore della rivolta. I due ragazzi sono morti fulminati in un cabina elettrica ad alta tensione dove si erano rifugiati perché inseguiti dalla police. Non erano armati, non avevano fatto nulla, semplicemente erano scappati all’arrivo dei poliziotti perché da quelle parti tutti fanno così. I due agenti non erano accusati di averli uccisi ma di «mancanza di assistenza a persona in pericolo». E questo nell’idea che la polizia debba non solo reprimere ma anche proteggere i cittadini. Quei due ragazzi nella cabina ad alta tensione non potevano più nuocere a nessuno, erano in gabbia, i poliziotti avrebbero dovuto aiutarli. E invece li hanno stretti in un assedio spietato e immotivato. Quando la cabina è stata aperta i due erano morti carbonizzati.
Ci sono voluti dieci anni per arrivare a questa sentenza di assoluzione, inevitabilmente destinata ad approfondire il solco tra i «territori perduti» delle banlieues e la Francia bianca che a gennaio sfilava in piazza a difendere i suoi valori contro gli assassini di Charlie Hebdo. Nel frattempo quello «spirito» detto dell11 gennaio per ricordare la marcia dei due milioni di parigini si è ormai frantumato in rancori postumi, che simbolicamente si sono manifestati nella litigata pubblica tra Luz (Rénald Luzier), il disegnatore miracolosamente scampato alla carneficina dei suoi colleghi che ha annunciato la decisione di rinunciare a raffigurare il profeta Maometto, e Jeannette Bougrab, compagna di “Charb” il direttore di Chiarlie morto nell’attentato, che lo ha accusato di vigliaccheria.
Il vento di destra soffia dunque forte sulla Francia di François Hollande. Se volete un’altra notizia simbolica di questi giorni è il 60 per cento dei voti raccolti delle liste di destra all’università di Nanterre, quella, per chi l’ha dimenticato, dove partì il ’68 parigino con una giornata «anti-imperialista» guidata da Daniel Cohn-Bendit, leader di «Nanterre la rouge». Un socialista di colore come Harlem Désir (nato alla politica in SOS-Racisme) è stato il primo ad appoggiare il no alle quote europee di clandestini. Nella destra si discute ormai di soggetti un tempo tabù, come rimettere in discussione il «diritto di suolo», stabilito dopo la Rivoluzione e in vigore dall’inizio 1800 che dà la cittadinanza francese a chi nasce in Francia.
In questo cortocircuito cultural politico i litigi tra Marine Le Pen e il padre Jean-Marie sono conseguenze collaterali. Marine tenta di consolidare il suo successo affrancandosi dalla vecchia immagine del Front, rifugio di nostalgici collaborazionisti, tendenzialmente antisemiti e razzisti. In realtà la linea politica di Sarkozy (che ha persino riconosciuto le ragioni di Putin nell’annessione della Crimea) è ormai molto vicina a quella della Le Pen (eccetto che sull’euro e le questioni europee) e uno dei politologi che più studia il Front come Gael Brustier afferma che le elezioni dipartimentali hanno ormai dimostrato la «porosità» tra l’elettorato della Le Pen e quello di Sarkozy: non di due destre in concorrenza si tratta, ma in larga misura di una sola, larga e mobile. Ecco perché Marine Le Pen ha già vinto anche se non arriverà mai all’Eliseo.