La Stampa 19.5.15
Pensioni
La mossa di Renzi mette il silenziatore alla minoranza Pd
Boccia: “Ha fatto bene, chapeau” Ma cresce il timore dei ricorsi
di Carlo Bertini
Il timore dei ricorsi alla Consulta viene sminuito, «rispettiamo il principio di equità della sentenza», dice Pier Carlo Padoan; e viene esorcizzato pure quello di voti in libera uscita per il malcontento sulle pensioni, «perché gran parte dei beneficiari dei rimborsi sono ascrivibili al bacino elettorale del Pd», dicono i renziani. Convinti che l’una tantum di agosto comunque farà piacere. E la Liguria, regione tutta da riconquistare, è quella in proporzione col maggior numero di pensionati, è la voce maliziosa che rimbalza tra i deputati.
In realtà dunque è il timore dei ricorsi a far più paura. «Non so se ci saranno, vedremo, ma i ricorsi dovranno tenere conto che con questo decreto le cose sono cambiate», risponde Padoan nella conferenza a Palazzo Chigi. Una spada di Damocle dunque che pende sulla testa dell’esecutivo. Ma a sentire gli uomini più fidati del premier non è detto che porti con sè solo conseguenze negative. «Perché su una serie di contenziosi potrebbe essere richiamata di nuovo la Consulta con un giudizio che, specificando meglio i termini e i limiti dell’intervento, magari potrebbe risultare meno sfavorevole», spiega il responsabile Giustizia del Pd, David Ermini.
I toni usati dal premier svelano la fatica per aver dovuto trattare un argomento del genere proprio in piena campagna elettorale, sottoponendosi a bordate di critiche e a possibili contraccolpi nelle urne. «Ma quando è stata votata la legge Fornero, Giuliano faceva un altro mestiere, Padoan pure, io tappavo i buchi alle strade di Firenze. E’ il colmo che chi ha votato quella norma venga da noi tre a dire che bisogna restituire tutto. E’ semplicemente ridicolo detto da chi quella norma ha voluto e votato». E quando fa notare che «noi stiamo rimediando ai danni fatti da costoro», Renzi certo se la prende con Forza Italia che lo attacca ma anche con chi oggi sta in religioso silenzio, cioè la riottosa minoranza Pd. Che svicola di fronte alla patata bollente, anche perché a quei tempi il Pd di Bersani sosteneva il governo Monti.
Il responsabile economico dell’epoca, Stefano Fassina, non commenta, «oggi mi sono occupato di scuola» e nessuno dei 38 dissidenti saliti sulle barricate per l’Italicum esce allo scoperto. Anzi colpisce che il giorno del varo di una norma a dir poco problematica gli avversari più ostici, quelli del Pd, parlino di mossa azzeccata contro ogni previsione. «Ha fatto un triplo salto mortale con doppio avvitamento e gli è riuscito», scherza un bersaniano doc, riconoscendo che ««Renzi non poteva fare altro con le risorse a disposizione e anche se i 670 mila con più di 3200 euro lordi ci restano male non ci si può far nulla». Ancor più netta la lode di un suo ex nemico come Francesco Boccia. «La considerazione politica è che Renzi ha sfidato l’impopolarità con un atto di coraggio,. Non me l’aspettavo, poteva rinviare tutto e invece... Ora in due settimane c’è tutto il tempo per capire bene chi prende e chi no. E non lo ha fatto il venerdì prima delle elezioni, chapeau».