lunedì 18 maggio 2015

La Stampa 18.5.15
La mossa del governo: spendere 2 miliardi su 18
Sarà rimborsato solo uno dei quattro anni di mancata perequazione
di Roberto Giovannini


I soldi arriveranno solo dal primo agosto, ma il decreto legge sulla perequazione delle pensioni verrà varato domani. Alla fine il premier Matteo Renzi ha deciso di fare presto per risolvere il problema posto dalla sentenza della Corte Costituzionale. Ma ha deciso di farlo riducendo al minimo possibile i costi, e dunque i rimborsi ai pensionati penalizzati dal decreto Monti del 2011. Con tre mosse: limitando la platea dei beneficiari a soli 4,2 milioni di persone, riducendo la percentuale di copertura dal costo della vita, e rimborsando immediatamente solo uno dei quattro anni di mancata perequazione. Così facendo, invece di spendere 18 miliardi di euro (queste, ancorché ballerine, erano le stime) l’Esecutivo ne dovrà sborsarne soltanto 2.
Probabili proteste
È prevedibile che non mancheranno le proteste di fronte a questa notevolissima «autoriduzione» effettuata dal governo. Bisogna però sempre ricordare che il dispositivo della sentenza della Consulta qualche margine di manovra al governo lo assicurava, visto che si parlava esplicitamente della necessità di garantire soprattutto le fasce di pensionati a reddito più basso. Per la precisione, i giudici costituzionali hanno chiesto il rispetto dei principi di «adeguatezza, proporzionalità e ragionevolezza». E ancora, non è certo un segreto che la situazione materiale dei conti pubblici sia sempre difficoltosa: è possibile che la Commissione Europea abbia ad esempio bocciato soluzione di «contabilità creativa» per rimborsare di più i pensionati senza contestualmente affondare il deficit pubblico. Per capire bene se le obiezioni saranno fondate o meno, bisognerà conoscere il dettaglio del decreto legge. Che oltre a chiudere la questione dei rimborsi varerà anche un nuovo meccanismo per il futuro in tema di adeguamento delle pensioni al costo della vita. Per adesso si conoscono solo le (scarne) indicazioni fornite dal premier più qualche minimo chiarimento aggiuntivo fatto circolare da Palazzo Chigi: circa 4 milioni di pensionati il primo agosto troveranno una «una tantum» di circa 500 euro (qualcuno di meno, qualcuno di più, anche 600 euro). Il bonus non spetterà a chi ha una pensione superiore ai 3.000 euro lordi. Non si capisce se nelle intenzioni del governo questa «una tantum» dovrebbe esaurire del tutto la questione aperta dalla sentenza della Consulta. Ricordiamo comunque la differenza tra la somma teoricamente dovuta ai pensionati - 18 miliardi complessivi - e quella sborsata, soli due miliardi. Per non parlare della differenza nelle tasche dei singoli pensionati: un anziano con pensione di 1500-2000 euro al mese lordi dovrà accontentarsi di 500 euro, quando secondo i calcoli dell’Ufficio Parlamentare di Bilancio avrebbe avuto diritto in tutto a 4.230 per il quadriennio 2012-2015. Non parliamo di un pensionato «ricco»: non avrà nulla, e ne avrebbe potuti invece avere quasi 10.000.
Dubbi da chiarire
Presto i dubbi saranno chiariti, e sarà soddisfatta anche la curiosità dei molti avvocati già pronti a scatenare un’eventuale nuova ondata di ricorsi contro il decreto legge. L’ex ministro e presidente emerito della Corte Costituzionale Giovanni Maria Flick si dice convinto che «la Corte Costituzionale non ha escluso nella sentenza la possibilità di una graduazione e di uno scaglionamento: questa, quindi, ritengo sia una via che si può percorrere, fermo restando che la responsabilità spetta solo al governo». «Percorribile» anche la strada della progressività del rimborso rispetto al livello del reddito. Sempre però che i 500 euro di agosto non siano «conclusivi».