mercoledì 13 maggio 2015

La Stampa 13.5.15
L’incerto futuro di Civati nella sinistra in cerca di un leader
di Sergio Soave


«Civati se ne gghiuto e soli ci ha lasciato». La celebre battuta di Togliatti su Vittorini, insieme cinica, sprezzante e realistica, gira oggi sui social a proposito di Civati e sembra interpretare alla perfezione il silenzio di Matteo Renzi.
Anche se i tempi sono cambiati.
Togliatti sapeva di avere in pugno totalmente il partito (e quel partito!) e sulla fuga degli intellettuali nutriva pochi timori. Li sapeva uniti dal fortissimo giogo dell’ideologia e anche dal fatto che, grazie alla sua calcolata maestria, aveva dato loro la possibilità di autoassolversi da un passato di preoccupante, generale adesione ai miti e ai temi del fascismo.
Poteva sì pensare che la storia, in un lontano domani, avrebbe potuto dare ragione all’inerme letterato siciliano, ma per un ragionevole lasso di tempo era sicuro che nessuno lo avrebbe seguito. Come, infatti, avvenne.
Oggi tutto è diverso, tutto cambia di giorno in giorno; l’ideologia è fragilissima, di intellettuali maestri ce ne sono pochi, anche se tanti aspirano al ruolo; fare disegni sul medio o lungo periodo è molto meno agevole di un tempo e quindi il rischio che, grazie al riflesso autodistruttivo sempre incombente a sinistra, la piccola palla di neve possa trasformarsi in una slavina ai danni di Renzi è da prendere in considerazione.
Già si studiano le mosse di Fassina, già la Camusso ha pronunciato parole di fuoco sul Pd, già Landini si è fatto ringhioso e Vendola ha prontamente iniziato a stendere soffici tappeti per un passaggio che veda finalmente la sinistra-sinistra occupare quel 10% che è suo, anche se oggi, bruciato da mille avventurosi tentativi, non scorge ancora il serio ancoraggio che la spinga a gonfiare le vele.
Ma Civati è l’uomo giusto?
Nella cinica battuta mutuata da Togliatti o nel silenzio di Renzi c’è tutta la risposta.
E vi si aggiunge un altro aneddoto, più vicino a noi, quello relativo a un giovane di belle speranze che dimostratosi riottoso alle trasformazioni (Pci-Pds-Ds) con ambizioni di leader nazionale, fu stroncato da una fulminante battuta di Cossiga che, riferendosi alla sua eleganza e bellezza e al garbo sofisticato dell’eloquio, disse di vederlo meglio come «indossatore», anziché come leader di una storica resurrezione. E ciò bastò a relegarlo come comprimario nella trafficata landa di disegni altrui.
Oggi quella battuta, riferita prontamente a Civati, può essere il segno di una qualche paura da eliminare con gli scongiuri di rito, ma può anche essere la perfetta sintesi della sua maledizione.
Che cosa rappresenti Civati è infatti incerto: un vago sinistrismo, una critica costante alle mosse, certo non tutte condivisibili di Renzi, un cavalcare i boatos di rischio per la democrazia, un ossessivo dipingere il capo del suo partito come uomo di destra (che è l’unica disperata giaculatoria della propaganda sinistrorsa).
In più c’è quell’incauto scorgere sterminati spazi fuori del Pd, unito alla propria ambizione di costruire su ciò un grande o almeno medio partito, perché di partitini non saprebbe che farsene. Ma allora gli spazi si riducono, sol che si pensi che i grillini, per ora, occupano quasi interamente la scena di ciò che vorrebbe rappresentare.
Né gli giova la leggenda che tutto questo suo muoversi derivi dal fatto di non essere stato lui il capo della grande trasformazione del Pd e di aver dovuto cedere a Renzi uno scettro che sperava suo.
Insomma, se vuole essere davvero leader di una cosa di sinistra che non sia legata alla pura sopravvivenza di qualche seggio parlamentare, Civati dovrà fare molta strada.
Dicono che sia uno che calcola attentamente le mosse. Ma, oggi come oggi, non sembra ancora capace di dominare le variabili di un gioco che lo spinge, per ora, sulle prime pagine dei giornali, ma che domani potrebbe relegarlo a un ruolo molto lontano dalle sue ambizioni.
Perché il suo sogno di incrinare o di abbattere il consenso di Renzi potrebbe anche realizzarsi (non per meriti suoi), ma il rischio di finire nel capitolo poco edificante delle divisioni della sinistra sembra il più realistico degli esiti.