domenica 3 maggio 2015

Il Sole Domenica 3.5.15
Dopo il caso cinese
Bioetica senza inutili allarmismi
di Gilberto Corbellini


I biologi molecolari fanno cose sempre più “fantascientifiche” manipolando le molecole, ma non riescono a imparare niente sulla natura umana. Come in una divertente e storica vignetta dove la caricatura di un biologo molecolare diceva: «Ho sequenziato il genoma umano ma non capisco le donne». Ovvero credono (sì, credono) i biologi molecolari e affini che società, opinione pubblica, etc. – che sono poi astrazioni – siano in ascolto religioso delle loro istanze e apprezzino il loro senso di responsabilità, quando essi dicono che certe cose è meglio non farle perché c’è qualche rischio, o perché si superano dei confini etici, etc. Non è così. La società/opinione pubblica è fatta di esemplari della specie umana che sappiamo abbastanza bene come reagiscono a questi annunci: i neuroscienziati cognitivi hanno fatto centinaia di esperimenti, alcuni dei quali non meno credibili di quelli che fanno i biologi molecolari, da cui risulta che la comunicazione da parte degli scienziati su questioni controverse è normalmente fraintesa, cioè influenzata da intuizioni ed emozioni poco pertinenti al caso in questione.
Nella recente vicenda che ha visto un gruppo di ricercatori cinesi applicare al Dna di embrioni umani, partendo dalla cellula fertilizzata, una nuova tecnologia che consente di riscrivere e quindi correggere l’informazione genetica, si è scatenata una mezza tempesta. Da qualche tempo, cioè da quando si era visto che questa tecnica è molto efficiente sulle cellule somatiche e su embrioni di topo, si era capito che presto si sarebbe passati all’uomo. Ma i cambiamenti che essa consente di introdurre negli embrioni umani diventano ereditari, cioè passerebbero alle future generazioni. E così un gruppo di biologi molecolari storici, alcuni dei quali avevano firmato già la moratoria sul Dna ricombinante quarant’anni fa, ha chiesto un’altra moratoria, oggi su questo nuova tecnica chiamata CRISPR/Cas9. Non si sono ricordati o non hanno imparato che l’allarme lanciato sul Dna ricombinante fu una delle cause per cui montò una sorta di panico pubblico verso l’ingegneria genetica. Panico che in paesi culturalmente arretrati come l’Italia ancora paghiamo sotto forme di divieto per la ricerca e la coltivazione di ogm vegetali.
Ora, i cinesi hanno bellamente ignorato l’invito alla moratoria e hanno provato la tecnica su 86 embrioni umani portatori di beta talassemia, rimasti dopo fertilizzazioni che li rendevano non impiantabili. Hanno fatto qualcosa di male? È vero che Science e Nature non hanno pubblicato i risultati dell’esperimento per motivi etici? Abbiamo scoperto che l’etica pubblica e quella medica in Cina sono diverse rispetto a quelle occidentali? Vogliamo ripetere gli psicodrammi vissuti con la nascita della prima bambina in provetta (1978) e di Dolly (1996), che non hanno fine provocato alcuna tragedia per l’umanità? Che cosa si potrebbe credibilmente fare di male o di bene con questa tecnica, sul piano di cambiamenti genetici che passerebbero alle future generazioni?
L’esperimento non è stato neppure inutile perché si è visto che l’efficienza dell’intervento è ancora molto bassa e che la tecnica introduce nuove mutazioni. Insomma è molto rischioso, quindi sarebbe criminale usarla su embrioni umani e non si deve consentire alcuna sperimentazione che lasci sviluppare gli embrioni sui quali sia stata applicata. Nel mondo liberale e democratico è molto facile da farsi. Invece di chiedere moratorie generiche basterebbe mettere poche e chiare regole, che consentano comunque di proseguire la ricerca di base, perché solo studiando i limiti e le potenzialità di questo nuovo sistema di intervento biochimico sul genoma nei laboratori occidentali si riuscirà in qualche modo a dissuadere gli avventurieri dall’abusarne.