domenica 17 maggio 2015

Il Sole Domenica 17.5.15
E Majakovskij spiccò il volo
«Ve ne siete andato, / come si dice, / all’altro mondo. / Vuoto. / Volate, / fendendo le stelle», aveva scritto nel 1925, quando Esenin si tolse la vita
di Serena Vitale


Mosca. 14 aprile 1930.
Ore 10.25
Pavel Lavut, impresario e organizzatore delle serate di Majakovskij (il «cittadino» ha bisogno di denaro, il poeta di un uditorio – il più vasto possibile, e possibilmente giovane, di studenti, operai), arriva in leggero anticipo nell’appartamento di vicolo Gendrikov, dove gli è stato dato appuntamento per le 10.30. Suona il campanello più volte. La cameriera Paša: «Non l’ho visto, stamattina. Provate allo studio». Lavut telefona. Una voce maschile: «Vladimir Vladimirovi? non c’è. Non c’è più».

Ore 10.35. Dal trentanovesimo Comando di polizia, sotto la cui giurisdizione si trova passaggio Lubjanskij, arriva l’ispettore di turno Kurmelev.

Ore 10.40. Lavut sale di corsa le scale. Sul pianerottolo e nell’ingresso si affollano i vicini, la porta della stanza-bara è aperta. Kurmelev lo lascia entrare. Il cadavere è ancora tiepido. L’impresario comunica per telefono la notizia alla Fosp, la Federazione delle Unioni degli Scrittori, al Comitato centrale del Partito...

Ore 10.50. Nelle redazioni dei giornali, nelle case editrici e negli appartamenti degli scrittori squillano i telefoni: «Majakovskij si è ucciso!». Incredulità, sgomento. C’è chi pensa: «Secondo il vecchio calendario oggi sarebbe il primo aprile. Deve essere uno scherzo, uno stupidissimo scherzo...».
Il letterato Michail Prezent, confidente e factotum – forse ”controllore” – di Dem’jan Bednyj («Dem’jan il Povero», lumpen-pseudonimo di un notissimo quanto mediocre e servile poeta), gli telefona: «Ma è vero?». «Sì» risponde il Povero con residenza al Cremlino. «Prima c’erano tre poeti. Adesso sono rimasto solo io». Nel ’25 si è impiccato Sergej Esenin. «Ve ne siete andato, / come si dice, / all’altro mondo. / Vuoto. / Volate, / fendendo le stelle» aveva scritto Majakovskij. E poi anche lui ha spiccato il volo... La concorrenza si elimina da sé…

Ore 11.00. «In seguito alle disposizioni» di qualcuno, un uomo di cui ignoriamo il nome entra nella stanza di Majakovskij. Più tardi, su un foglio di carta con il marchio «Tipografia dell’Aoms» (il Reparto amministrativo del Consiglio moscovita, sciolto agli inizi del ’30: rilasciava visti per l’estero, lottava contro la speculazione, vigilava sull’operato dei Vigili del fuoco, ecc.), scriverà un «Rapporto»: «Sono arrivato alle 11.00 sul luogo dei fatti. Ho trovato Kurmelev del trentanovesimo Comando, poi sono arrivati Ov?innikov della Polizia criminale, Agranov, assistente del capo del Reparto operativo dell’Ogpu e vicecapo della Sezione segreta dell’Ogpu, Gendin, capo della settima Sezione controspionaggio, e il capo del Reparto operativo Rybkin».
Agranov, Alievskij, Rybkin: altissimi funzionari dell’Ogpu, accorsi dai loro uffici alla Lubjanka. Tutta quella gente in undici metri quadri... Avranno fatto acrobazie per evitare il cadavere steso sul pavimento «come crocefisso», le braccia spalancate. Forse qualcuno è inciampato nel suo corpo, ha dovuto superare con un saltello le braccia, le gambe. Anche da morto Majakovskij è ingombrante.

Ore 11.30. Terminato il sopralluogo e l’esame esterno del cadavere, Sinjov, inquirente della Polizia moscovita, trentanovesima Sezione, e il medico legale Rjasencev, compilano il verbale e lo fanno sottoscrivere da due testimoni: «La stanza è di circa 3 sagene [1 sagena = 2,134 metri] quadrate ... Tra il tavolo e lo scaffale si trova un bauletto che prima del nostro arrivo è stato sigillato dagli organi dell’Ogpu... Al centro della stanza è steso supino il cadavere di Majakovskij, con la testa rivolta verso la porta… Sul torace, 3 centimetri sopra il capezzolo sinistro, c’è una ferita di forma rotonda, dal diametro di circa due terzi di centimetro... Il cadavere indossa una camicia di colore giallastro con una cravatta nera (a farfalla)».
Una camicia di un pallido giallo rosato, ultima metamorfosi della sgargiante blusa gialla cucita con tre metri di tramonto che il giovane poeta cubofuturista amava sfoggiare quando andava su e giù, «il sole come monocolo nell’occhio», per il Nevskij Prospekt del mondo. Blusa-corazza: «imbacuccata nella blusa gialla / l’anima è libera da controlli». Poi nella vita di Majakovskij è entrata, imperiosa, Lili Brik: via gli abiti da giullare, solo cravatte e non fusciacche o nastri, tagliare i capelli, curare quegli orribili denti marci... Il guardaroba del poeta si è arricchito di un paltò inglese.
«Nell’arma non è stata rinvenuta nessuna pallottola. A sinistra del cadavere, alla distanza di un metro dal tronco, c’è il bossolo vuoto di una Mauser. Il cadavere di Majakovskij è stato spostato sul divano per le fotografie».

Ore 11.50 . Sorretta dal vicedirettore del Mchat, Veronika Polonskaja sale faticosamente le scale fino alla kommunalka da cui è fuggita un’ora e mezza prima. Viene interrogata nell’appartamento n. 12 dall’inquirente Ivan Syrcov, della Procuratura provinciale moscovita. Depone: «Circa un anno fa... all’ippodromo di Mosca, il cittadino Osip Brik mi presentò il cittadino Majakovskij… Da quando l’ho conosciuto non sono mai stata in rapporti sessuali con Majakovskij, anche se lui insisteva, ma io non volevo. La causa del suo suicidio mi è ignota, ma bisogna ritenere che sia stata soprattutto il mio rifiuto di ricambiare il suo amore, come anche l’insuccesso di Banja e, in genere, il fatto che era malato. Non mi ha mai parlato di suicidio, si lamentava soltanto del suo stato d’animo, e diceva che non sapeva che cosa sarebbe stato di lui, perché nella vita non vedeva nulla che potesse rallegrarlo».

Ore 12.15 circa. Il cadavere viene adagiato su una barella, il volto coperto da una pezza nera. I portantini stentano a farsi strada lungo le scale già affollate: inquilini dell’edificio, giornalisti, curiosi, ma anche amici e conoscenti del poeta, «schiacciati contro le pareti dalla forza centripeta dell’evento».

Ore 19.00. Dal sipario chiuso del teatro dove sta per andare in scena Banja esce Feliks Kon: «Egregi compagni! Devo mettervi a parte di una triste notizia... Stamattina Majakovskij si è tolto la vita. Non è questa la sede per stigmatizzare il suo gesto». (Non ha torto: già redarguito e condannato in altra sede, Majakovskij ora si lamenta da uno dei «rami nodosi e ’nvolti» dell’Inferno – secondo girone, settimo cerchio). E di lì a tre giorni un altro rappresentante della vecchia guardia rivoluzionaria, Béla Kun, scriverà della «stupida, pusillanime» morte del poeta, «minaccioso esempio» per chi subordina alla Grande Causa i propri meschini sentimenti.