sabato 30 maggio 2015

Il Sole 30.5.15
Listini in ostaggio di Grecia e Cina
Tengono banco i negoziati tra Atene e i creditori internazionali e i timori di una bolla del credito a Pechino
di Marzia Redaelli


È stata una settimana impegnativa per gli operatori di Borsa, alle prese con la volatilità. E se è vero che le oscillazioni dei mercati offrono grandi opportunità di profitto agli speculatori, l’occasione è stata ghiotta, perché i saliscendi sono stati accentuati da numerosi fattori: lunedì, festività contemporanee sulle principali Piazze mondiali hanno ridotto gli scambi, e ampliato gli scostamenti tra domanda e offerta dei titoli; le voci contrastanti sui negoziati tra il governo greco e i creditori internazionali hanno lasciato sospesa la spada di Damocle sull’Unione Monetaria; i pochi dati macroeconomici diffusi nei giorni scorsi hanno accresciuto l’incertezza, anziché delineare un quadro fermo della realtà. Dalla Cina, inoltre, giungono timori per lo scoppio di una bolla creditizia, resi più concreti dai fallimenti di alcune società e dal varo di norme per contenere le insolvenze; però i provvedimenti contrastano con la politica espansiva di Pechino e le azioni di Shanghai, che da inizio anno sono in rialzo del 42%, hanno perso più del 7% in due giorni.
I titoli di Stato dell’area euro hanno patito le notizie contraddittorie sul possibile accordo tra Atene, Bruxelles e Fondo Monetario Internazionale per portare lo stato ellenico fuori dal guado dei debiti, che sottolineano la distanza tra le parti. Tuttavia, il termine della trattativa è spostato a fine mese e gli alti e bassi delle quotazioni hanno lasciato quasi invariati i rendimenti delle emissioni periferiche, e di quelle greche (il BTp decennale è all'1,8%); il premio sul Bund tedesco, invece, si è allargato, perché in attesa di sapere come finirà la vicenda, gli investitori hanno comprato le obbligazioni “sicure” di Berlino, che pagano 10 centesimi in meno di qualche seduta fa (sotto lo 0,5% da 0,6%). Anche gli indici azionari del Vecchio Continente sono scesi sul venerdì precedente (-1,93% lo Stoxx600), nonostante i segnali positivi dell'aumento della base monetaria, delle vendite al dettaglio della “locomotiva” Germania (+1,7%), del timido risveglio del Pil tricolore grazie agli investimenti, e dell'inflazione in ripresa, sia in Italia, sia in Spagna.
Il Ftse All Share di Milano ha limitato i danni a -1,2% e si conferma la scommessa per il 2015 sull’area euro (è a +24,5% da gennaio e non lontano dai massimi di aprile). Il ribasso sarebbe stato inferiore se ieri pomeriggio non fosse stato appesantito dalla discesa di Wall Street, seguita alla diffusione del Pil americano del primo trimestre rettificato a -0,7% dalla prima lettura a +0,2%, ma stimato a -1% dagli analisti.
Quindi, l’arresto della produzione Usa era previsto; anzi, l’analisi delle componenti rivela una situazione meno cupa del dato di sintesi (la diminuzione delle scorte, per esempio, implica il ripristino nei prossimi mesi). E buone nuove giungono dal settore immobiliare e dagli ordini dei beni durevoli. Comunque gli investitori hanno preferito chiudere il maggio in ritirata, come da tradizione; forse perché sono consci della fragilità della ripresa economica e i continui ritocchi alle statistiche (per la stagionalità, il freddo, gli scioperi ecc.) minano la fiducia nella crescita; o perché sul dollaro aleggia l’aumento dei tassi di interesse - seppur graduale – appena ventilato dalla presidente della Fed, e un suo rafforzamento minaccia gli utili delle imprese quotate già penalizzati nell'export. In barba all’inflazione che inizia a farsi sentire, il biglietto verde ha reagito al Pil indebolendosi sull’euro e il cambio è passato dai minimi di martedì a 1,08 fino alla soglia di 1,1. Anche i tassi dei Treasury americani non hanno registrato tensioni e sono stati addirittura limati su tutte le scadenze, con l’eccezione dei titoli a sei mesi, che remunerano qualche punto in più (lo 0,06%).